Quando l'illuminismo condanna l'omosessualità

31 dicembre 2005

Celeberrimo testo pubblicato per la prima volta nel 1764.

E' considerato la summa della polemica contro il sistema politico e sociale dell'Illuminismo.

Il testo fu immediatamente sequestrato a causa del suo deciso anticlericalismo.

L'omosessualità è indagata da Voltaire al lemma "Amore Socratico" (nell'edizione consultata è a p. 55).

Riporto integralmente il brano che condanna l'omosessualità come immorale, a meno che non sia un naturale impulso della gioventù.

AMORE COSIDDETTO SOCRATICO

(Amour nommé socratíque)

Com'è possibile che un vizio, distruttore del genere umano se si generalizzasse, che un attentato infame contro la natura sia peraltro così naturale?

Parrebbe il grado ultimo della corruzione riflessa, e tuttavia è il retaggio ordinario di quelli che non hanno avuto ancora il tempo di corrompersi. E’ entrato in cuori vergini, che non hanno ancora conosciuto né l'ambizione né la frode né la sete di ricchezza; è la gioventù cieca che, per un istinto confu­so, precipita in un tale disordine all'uscire dall'infanzia.

La vicendevole attrazione dei due sessi si manifesta per tem­po; ma qualunque cosa sia detta delle donne dell'Africa e del­l'Asia meridionale, questa attrazione è generalmente molto più forte nell'uomo che nella donna: è una legge che la natura ha istituito per gli animali. E’ sempre il maschio ad attaccare la femmina.

I giovani maschi della specie umana, allevati insieme, senten­do questo impulso che la natura comincia a sviluppare in loro e non trovando l'oggetto naturale del proprio istinto, si precipita­no su quello che gli somiglia.

Spesso un giovinetto, per la fre­schezza della carnagione, il colorito marcato e la dolcezza degli occhi, rassomiglia per due o tre anni a una bella ragazza; se viene amato, è perché la natura s'inganna: si rende omaggio al sesso aggrappandosi a chi ne ha tutto il fascino e, quando la ras­somiglianza svanisce con l'età, cessa l'inganno.

... Citraque juventam A etatis breve ver et primos carpere flores. [Ovidio, Metamorfosi, X, 84-85. « ... E prima della giovinezza CO­gliere la breve primavera dell'età e i fiori primaticci».]

E’ abbastanza noto che questo inganno della natura è molto più comune nei climi temperati che tra i ghiacci dei Nord, perché il sangue vi è più acceso e l'occasione più frequente: così, quello che può passare per una debolezza nei giovane Alcibiade è una disgustosa depravazione in un marinaio olandese o in un vivan­diere moscovita.

Io non posso soffrire quelli che pretendono che i Greci abbia­no autorizzato questa licenza. Si cita il legislatore Solone perché ha detto in due brutti versi:

«Tu amerai un bel giovinetto Finché non avrà barba al mento».

Ma via, Solone era legislatore quando scrisse questi ridicoli ver­si? Allora era giovane e, quando il dissoluto fu rinsavito, non in­trodusse una tale infamia nelle leggi della repubblica; è come se si accusasse Teodoro di Beza d'aver predicato la pederastia nel­la sua chiesa, perché in gioventù aveva composto dei versi per il giovane Candido e aveva detto:

Amplector hunc et illaml./ [«Abbraccio questo e quella.» Théodore de Bèze, calvinista, fu stori­co e fliologo (curò fra l'altro un'edizione dei Nuovo Testarnen10 edita nel 1565). In gioventù condusse vita libera, attestata dai Poémataj,ve­nilía, da cui è tratto il verso citato da Voltaire.]

Si abusa dei testo di Plutarco, che nelle sue chiacchiere nel Dia­logo sull'amore fa dire a un interlocutore che le donne non sono degne dei vero amore; ma un altro interlocutore sostiene la parte delle donne come si conviene.

E’ certo, quanto può esserlo la scienza dell'antichità, che l'amore socratico non era affatto un amore infame: è l'appellativo amore che ha tratto in inganno. Quelli che venivano chiamati gli amanti d'un giovinetto erano quelli precisamente che sono da noi i paggi dei principi, giovani bennati, addetti all'educazione d'un ragazzo nobile di famiglia, coi quale condividono gli studi e le imprese militari: istituzione bellicosa e sacra di cui si fece catti­vo uso come delle feste notturne e dei baccanali.

La schiera degli amanti inaugurata da Laio era una schiera invincibile di giovani guerrieri obbligati da giuramento a dare la vita gli uni per gli altri; ed è ciò che di più bello abbia mai avuto la pedagogia degli antichi.

Sesto Empirico e altri hanno un bel dire che la pederastia era raccomandata dalle leggi della Persia. Citino pure il testo della legge e indichino il codice dei Persiani: anche in questo caso non lo crederei ugualmente e direi che la cosa non è vera, per la ragio­ne stessa che è impossibile.

No, non è nell'indole dell'uomo fare una legge che contraddica e rechi oltraggio alla natura, una leg­ge che annullerebbe il genere umano se fosse osservata alla lette­ra.

Quanta gente ha scambiato usanze vergognose che venivano tollerate in uno stato per le leggi di quello stato!

Sesto Empirico, che dubitava di tutto, avrebbe dovuto dubitare anche di questa legislazione. Se vivesse ai nostri giorni e vedesse due o tre gio­vani gesuiti approfittare di qualche scolaro, avrebbe il diritto di affermare che un passatempo dei genere è loro permesso dalle costituzioni di Ignazio di Lodola![Sono le Costituzioní della Compagnia di Gesù, della quale Ignazio di Loyola (1491-1556) fu il fondatore. Redatte in castigliano in collabo­razione coi gesuita Juan Alonso Polanco ( 1517-1577). che le tradusse Poi in latino, furono approvate da tutti i professi dell'ordine convocato a Roma.]

La pederastia era così comune a Roma che non si pensava a punire una tal bazzecola nella quale tutti si buttavano a capofit­to. Ottaviano Augusto, questo assassino dissoluto e codardo, che osò esiliare Ovidio, ritenne un'ottima cosa che Virgilio cantasse Alessi e che Orazio scrivesse brevi odi per Ligurino; ma l'antica legge Scantinia, che vietava la pederastia, non fu mai a­brogata: l'imperatore Filippo la rimise in vigore e bandì da Ro­ma i giovani che facevano il mestiere.

Non credo, infine, che ci sia mai stato un popolo civile che abbia fatto delle leggi contro la moralità dei costumi.

[Voitaire aggiunse nel 1769 la nota seguente: « Si dovrebbero con­dannare i signori... a presentare tutti gli anni alla polizia un bambino fat­to da loro. L'abate Desfontaines fu sul punto di essere arrostito in place de Grève per aver abusato di alcuni piccoli savoiardi che gli spazzava­no il camino; fu salvato da alcuni protettori. Occorreva una vittima: al suo posto fu fatto arrosto Deschaufours. Ma questo è troppo, est modus in rebus: le pene devono essere proporzionate ai delitti; che cosa avrebbero detto Cesare, Alcibiade, il re di Bitinia Nicomede, il re di Francia Enrico III e tanti altri re?

Quando si arse sul rogo Deschaufours, ci si fondò sugli ètablisse­ments de saint Louis, tradotti in francese nel Quattrocento. 'Se qual­cuno è sospettato di.... dev'essere condotto dal vescovo: e se l'accusa risulta provata. dev'essere bruciato; e tutti i mobili vanno al barone ecc." Ma san Luigi non dice che cosa bisogna fare al barone se il barone è sospettato di ... e se l'accusa risulta provata. Occorre osservare che con la parola di ... san Luigi intende gli eretici, che così erano chiamati allora. Un equivoco fece ardere sul rogo a Parigi Deschaufours, genti­luomo lorenese. Despréaux ebbe ben ragione di fare una satira contro quest'equivoco; esso ha prodotto ben più male di quanto si creda».]

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