Gli angeli di Cocteau

10 agosto 2013

Gli angeli di Cocteau avanzano senza toccare terra, commentò Umberto Saba paragonando a loro l'autore di queste lettere nel vederlo entrare giovanissimo nella stanza in cui si trovava, ospite d’un comune amico, il giovane Federico Almansi; ma gli angeli di Cocteau sono anche creature dai due volti, fascinose e terribili insieme: chi sa se il poeta non intendeva celare nel complimento un turbamento assai più profondo e complesso. In questa piccola raccolta di brevi lettere tra un ventenne che comincia a farsi strada nel mondo della letteratura e un uomo ormai vecchio e spossato ricorre ossessiva la presenza di quel Federico Almansi che appunto li aveva fatti conoscere: un ragazzo d'intelletto vivace, ma destinato a sprofondare presto nella schizofrenia, favorita, probabilmente, anche dall'affettività contorta, contraddittoria e ossessiva di due genitori assai poco equilibrati mentalmente, e dal rifiuto di palesi pulsioni omosessuali. D'altronde, anche nel rapporto dell'anziano Saba con questi giovani serpeggia tutto un sottofondo malaticcio di desiderio più o meno represso e sublimato: e a me, tutto sommato, al contrario che ai curatori, quello che dall'epistolario esce meglio sembra proprio Ferrero, mentre Saba fa la figura, più che altro, del vecchio criticone che pensa solo ai propri malanni e interpreta il suo ufficioso ruolo pedagogico con uno zelo un po' petulante. Come documento, l'epistolario è senz'altro interessante per gli studiosi di Saba e gli appassionati della sua poesia; in sé però non mi sembra un documento così coinvolgente per il lettore non specialista. Proprio il richiamo nobilitante a Cocteau dà però la misura di quanto più asfittica e provinciale fosse l'atmosfera in cui si doveva muovere uno che intendesse diventare poeta nell'Italia dell'immediato dopoguerra: non è questione di povertà materiale, di devastazioni, di ferite provocate dalla dittatura, dall'occupazione tedesca, dalla guerra civile o dai bombardamenti alleati; è proprio questione d'un ritardo culturale palpabile, che nemmeno la caduta del fascismo e l'ottimismo successivo alla Liberazione potevano facilmente rimediare da un momento all'altro. Con Jean Cocteau tutto questo libro, ad ogni modo, non c’entra un tubo, né spiritualmente né esteticamente.
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