recensione diMauro Giori
The Conrad Boys
La storia è di quelle che si possono incontrare nei film di Araki o di Van Sant, con adolescenti di provincia in rotta con un mondo adulto zoppicante e sedotti da bei tenebrosi un po’ equivoci dal passato pieno d’ombre. Ma ogni somiglianza è puramente casuale.
L’onestà di intenti del giovane Justin Lo mi sembra innegabile nel raccontare la vicenda di un adolescente che si trova a dover rinunciare al college per accudire il fratellino dopo la morte improvvisa della madre, considerato che il padre non si è fatto vivo nemmeno ai funerali (aveva abbandonato la famiglia molti anni prima). Tuttavia la storia, già vista, necessitava di maggior forza nella costruzione dell’intreccio e nella stesura della sceneggiatura, debolissima soprattutto nella seconda parte, con l’inutile aggiunta del malavitoso da fumetto e la soluzione risibile dell’intervento del padre che si finge poliziotto.
Le colpe sono tutte di Lo, che a soli ventiquattro anni, non contento di fare il regista e lo sceneggiatore, si è imposto anche come protagonista, e il punto più debole è proprio la sua recitazione, di tale fragilità da non stare nemmeno al pari con quella dei suoi comprimari, benché nessuno di essi, a occhio, possa vantare in curriculum diplomi all’Actor’s Studio. La mancanza di umiltà non ha ripagato, a giudicare non solo dai risultati ma anche dal fatto che Lo non ha poi fatto più nulla.