recensione diManuel Carbone
Natiche a colazione
Natiche a colazione è un romanzo autobiografico ma che vuol essere allo stesso tempo una negazione di autobiografia: ciò che si legge qui non è altro che la pura verità. E questa verità è tutta una gran balla. Balle incluse.
Dedo De Flavis si mette a nudo da subito - Ricordate: tutto ciò che leggerete è solo una bugia dalla prima all'ultima pagina. Questa compresa - e, come ogni persona che vuole apparire fredda, cinica, distaccata, si mostra - nemmeno tanto fra le righe - per quello che realmente è: l'esatto opposto di un individuo freddo, cinico, distaccato.
Il protagonista del libro è un giovane omosessuale, il quale, dopo la morte improvvisa del padre, si ritrova a crescere in una famiglia ove regna un assoluto matriarcato, sotto il segno del severissimo codice comportamentale Concetta Immacolata.
Trovando rifugio e conforto nella scrittura, egli si muove quindi tra eccellenti risultati scolastici e primi rapporti sessuali coi suoi coetanei, fino a vendersi e a dedicare l'intera adolescenza e tutta la prima maturità al mondo degli incontri a pagamento.
Ironico, pungente, critico, rigorosamente attivo, il protagonista racconta degli appuntamenti concordati in chat, dei giri per i luoghi di battuage celebri di Italia (tristemente divertente la realistica descrizione dell'Ippodromo di Agnano a Napoli), dei viaggi di lavoro, dell'amore per il suo amico/protettore, sempre alla ricerca di quelle esperienze che, in fondo, più che arricchire una persona in cerca della propria identità, non solo sessuale ma anche, soprattutto, morale, comportano solo effimero piacere.
Finché un giorno ben preciso, il ventisei novembre del duemilatre, tutto arriva ad una svolta: giunge il momento di scegliere tra passione, dolore, in una parola sola, amore, e il continuare a marciare sulla strada dei rapporti fugaci.
E la scelta qui è ovvia, ma mai banale.
A De Flavis, che si legge d'un fiato, ci si appassiona immediatamente: gli eventi narrati scorrono all'insegna di un linguaggio normale, lievemente provocatorio e mai melodrammatico, anche quando descrive certe scene o certi stati d'animo, come si potrebbe riscontrare, invece, nel primo Mancinelli di Solitudini imperfette. Qui, piuttosto, la solitudine, il malessere, certa insofferenza, sono affrontati ironicamente e l'autore non veste mai i patetici e pretenziosi panni di scrittore maledetto, riuscendo in ogni punto a risultare genuinamente, schiettamente, originale.
L'acquisto del libro contribuisce a sostenere Medici Senza Frontiere.