Normal

27 aprile 2019

È una banalità dire che per i vertici dell'industria (e per tutte le forme di autorità che ne discendono) è molto più conveniente confrontarsi con una società divisa in consumatrici vanitose e accudenti e in consumatori cacciatori e guerrafondai. Sì, è una banalità, che però non rende questo fatto meno vero, ed è in virtù di ciò che il documentario italo-svedese di Adele Tulli Normal non è superfluo. Esso mostra – con una fissità a tratti warholiana, e quindi tanto più allucinante – i riti collettivi legati alla maschilità e alla femminilità: da un lato l'aquagym delle donne gravide, dall'altro la distruzione ludica di macchine da parte di uomini gonfi di testosterone e di birra. In mezzo, i seminari parrocchiali per promessi sposi, a cura di farraginosi istruttori esperti in “benessere della coppia”.

La cosa migliore di questo scorrevole documentario è il lavoro di ricerca che ne è alla base, e che permette di antologizzare una serie di circostanze “normalissime” che – ingrandite e guardate dal di fuori – rivelano il carattere arbitrario e asfissiante (e spesso pure goffo e imbarazzante) della divisione tra “attività maschile” e “attività femminile”, e più in generale tra “specifico maschile” e “specifico femminile”.

Anche il montaggio è ben pensato e alcune giustapposizioni sono rivelatrici nella loro semplicità. In particolare è di grande effetto l'abbinamento tra l'assemblaggio in fabbrica dei ferri da stiro giocattolo destinati alle bambine, pigiati uno dopo l'altro da un indifferente pistone, e un alienante meet-and-greet presso una libreria Mondadori, durante il quale uno youtuber con la faccia da schiaffi (tale Antony Di Francesco) bacia serialmente sulla guancia le sue fan incantate e inebriate, subito scacciate a ritmi frenetici dall'impersonale équipe del divetto.

Il documentario si chiude con un'unione civile, il che – di primo acchito – potrebbe sembrare una scelta un po' ruffiana, ma che, a conti fatti, indica in modo chiarissimo, praticamente elementare, un antidoto salubre alla prescrittività insidiosa dell'eterosessismo: i contraenti omosessuali dell'unione si impegnano ad avere un ménage familiare “anormalmente” paritario. Così facendo suggeriscono alla società tutta un modello alternativo a quello che si ha la sfacciataggine di definire normale.

Il documentario della Tulli è quindi un invito illuminista a interrompere l'incantesimo mortificante della convenzione e a costruire un mondo in cui i compiti siano redistribuiti in modo equo. Come cantava Lucio Battisti ne La sposa occidentale: «Detto così è semplice / e infatti lo è, detto così».

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