Vecchie glorie

6 luglio 2007, "Pride", aprile 2007

Il pugilato è passato di moda, specialmente nell'immaginario gay. Non che mi piaccia molto vedere due uomini che s'ammazzano di botte, roba da anni '50, ma ho sempre avuto un debole per le caratteristiche fisiche di chi pratica la box. Sono lontani i tempi dei grandi campioni italiani e gli ultimi bonazzi ad avere una certa risonanza, come Giacobbe Fragomeni o Giovanni Parisi, non sono certo stati idoli da copertina.

Uno sport duro e poco spettacolare che è stato messo da parte dai bifolchi del wrestling americano o dalle coreografie vistose, più da videogames, delle arti marziali. Le foto, qui a lato, provengono da un album personale di un allenatore di Roma trovato ad un mercatino. Mi hanno fatto venire in mente quando, da ragazzino a metà degli anni '70, misi piede in una palestra di box nel mio paese di provincia. Stava in uno scantinato freddo, spartano e poco illuminato, c'era una puzza di qualsiasi cosa e di pericolo. Dalla doccia mal ridotta ne uscì una specie di carpentiere sfacciatissimo.

Oggi potrebbe essere un perfetto set di un film. Di quelli "estremamente" interessanti, oserei aggiungere. Allora era uno sport povero, ben distante dagli strafichetti ben equipaggiati che frequentano oggi le palestre. E si vede anche in queste foto che vanno dagli anni '30 sino agli inizi dei '50. In una c'è pure Franco Festucci, nel 1951, che non riuscì ad avere una carriera professionistica molto lunga. Inseguito da rotocalchi e belle donne finì per sposare l'esplosiva attrice Franca Marzi (1926-1989) e fece anche delle comparsate al cinema. Fu considerato l'erede legittimo del bello del ring Tiberio Mitri (1926-2001), campione europeo dei pesi medi che fu sconfitto nei mondiali, nel 1950 a New York, dal mitico Jake LaMotta. Sposato alla famosa attrice Fulvia Franco (1931-1988), già Miss Italia 1948, girò pure alcuni film romantici ma concluse la sua vita buttandosi sotto un treno. Fu un triste modo per sentirne riparlare in televisione dopo tanti anni di silenzio. Ci fu anche chi, come Ennio Antonelli (1927-2004), riuscì ad interpretare innumerevoli film da caratterista. Molto bello da giovane, una volta smessi i guantoni fu ingaggiato per i vari film peplum di Sansone o Ercole che giravano a Cinecittà. Fece anche alcune cose per Fellini ma lo si ricorda soprattutto per i ruoli da coattone grevissimo nei filmacci comici degli anni '70: indimenticabilecome macellaio "Manzotin" in "Febbre da cavallo" (1976).

Qualche anno fa durante un' intervista con Dominot, attore romano famoso per il ruolo di travestito nel finale de La Dolce Vita (1960) di Fellini, sbucò fuori la foto con un pugile celeberrimo e lui mi disse: No, non posso dire nulla. E' un mio segreto...ma sappi che non ci sono persone più portate al sesso tra uomini come i pugili. Roba da "Rocco e i suoi fratelli"(1960) di Luchino Visconti. Che non a caso ha uno dei primi personaggi esplicitamente omosessuali del nostro cinema: il manager Morini interpretato dal francese Roger Hanin(poi divenuto, nientedimeno, che cognato del presidente François Mitterand!). Ma lo stesso nome di quel pugile risbucò in un'altra occasione a proposito del regista Mauro Bolognini, di cui pare fu amante per anni. Ma se proprio vogliamo dare fondo ad ogni pettegolezzo è del 1933 il "gossip" più imbarazzante del genere. Riguarda il pugile friulano Primo Carnera (1906-1967), campione del mondo dei pesi massimi proprio quell'anno.

Di passaggio a Napoli, ricevette un messaggio del Principe ereditario, futuro red'ItaliaUmberto IIdi Savoia, che lo invitava nella sua residenza al mare. Fuori dell'albergo lo prelevò una Isotta Fraschini con un bellissimo autista in uniforme. Al ritorno, il boxeur fu tempestato di domande, ma lui disse solo che Umberto lo aveva ricevuto in costume da bagno e lo aveva pregato di fare con lui una nuotata in piscina. Poi avevano trascorso, completamente soli, il pomeriggio. A fare che non s'è mai saputo. In seguito qualcuno malignò sul fatto che Carnera aveva imposto al suo primogenito il nome di Umberto.

E si è anche scoperto che il Savoia non mancò mai d'aiutare finanziariamente l'ex-campione quando si trovò in difficoltà e che, nel 1967, dall'esilio in Portogallo, lo nominò addirittura Commendatore del Regno d'Italia.

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