La bestia uccide a sangue freddo

22 ottobre 2012

Scritto e diretto peggio della media del genere, La bestia uccide a sangue freddo ruota tutto intorno a un manicomio per signore perbene, giusto per mantenere l’ambientazione alto-borghese tipica di questi film anche quando si vuole sfruttare lo scenario ospedaliero. E in un ospedale dove il medico più affidabile è interpretato da Klaus Kinski (straniato come sempre), cosa può succedere se non una strage? Del resto quale professore sano di mente arrederebbe un manicomio con strumenti di tortura medievali perfettamente funzionanti e a portata di mano?

Ma il film non vuole avere senso: è solo un pretesto per mostrare al pubblico delle sale “normali” frammenti di anatomia femminile (negli Stati Uniti l’hanno intitolato pragmaticamente, e certo più correttamente, Asylum Erotica).

E se un interno coscia fa saltare gli spettatori, perché non mostrarne due? Il lesbismo serve semplicemente a moltiplicare i pruriti, e a compensare con fantasie morbosette quello che non si può mostrare. Se non si può fare aperta pornografia, perché non suggerirla facendo delle pazienti casi clinici che sarebbero piaciuti a Krafft-Ebing? Basta una ninfomane qualsiasi, che non riesce a star quieta nemmeno quando dorme di notte (ovviamente nuda e col lenzuolo a imbraghettarla… solo lì). Ma va ancora meglio una bella coppia lesbica, soprattutto se accompagnata con duplice stereotipo da immaginario pornografico dozzinale: l’infermiera e la donna di colore.

La deontologia di questa capoinfermiera che non si trattiene dal palpare la sua paziente agorafobica preferita quando la massaggia, né conosce titubanze nel mettersi in reggiseno e mutandine per farle il bagno, è certo discutibile, ma probabilmente non meno di quella di un regista che sfrutta un mestiere per farne un altro. Quello di pornografo fatto e finito era del resto un po’ troppo screditato in quegli anni perché fosse alla portata di tutti intraprenderlo con spensieratezza.

Il brusco stacco che taglia il bacetto saffico in chiusura di un noioso (ma si deve immaginare sensuale) ballo in reggiseno delle due dice dei sudori freddi che questi film facevano venire ai censori. Quello che succede poi lo spettatore può immaginarlo, ma non si replicherà: dopo un altro stacco ci ritroviamo all'alba, quando la fanciulla amata dalla nostra Saffo in camice bianco viene abbattuta da un freccia che le trafigge il collo. Il motivo si perde nella confusione complessiva della sceneggiatura (dovrebbe trattarsi di delitti intesi a coprire la soppressione di un’ereditiera, ma è ovvio che il killer ci prende molto gusto e va ben oltre il necessario sterminando tutte le ospiti del manicomio).

E no, l’assassino non è Kinski, che c’entra con il film come i cavoli a merenda.

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