Westerland

18 novembre 2013

Considerato il numero di competenze, e quindi di persone, coinvolte nella produzione di un film, è altamente improbabile che si riesca a sbagliare proprio tutto. Westerland c’è riuscito. La vicenda non ha né capo né coda; non un’azione è dotata di senso (compiuto o meno); non un personaggio è studiato con un approfondimento sufficiente a rivelarne almeno pallide ombreggiature d’interesse o a spiegare adeguatamente quali rapporti lo leghino agli altri; le psicopatie sono distribuite a casaccio, nella speranza che possano sembrare più interessanti; non vi sono motivi per cui i personaggi debbano fare quello che fanno (a cominciare dal fatto che i due protagonisti stiano insieme); i paesaggi sono infusi in gran quantità con spirito meramente decorativo; le molte pause non aggiungono significato, annoiano soltanto; le poche battute non spiegano le pause, annoiano soltanto. E il film finisce solo perché un film prima o poi deve finire. Ma certi film dovrebbero più semplicemente non iniziare mai.

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