Ausente

1 maggio 2012

Dopo l’esordio in economia con Plan B, Marco Berger torna alla regia con qualche soldo in più, quanto meno abbastanza per comprare della pellicola. Anziché in digitale il film è infatti girato in 35mm, evidenzia un montaggio più consapevole e una maggiore cura formale. Come Plan B, anche Ausente varia su un topos della narrativa omosessuale: in quel caso la seduzione di un etero da parte di un omosessuale, anche se agita al contrario (l’etero cercava di sedurre un omosessuale); qui un amore alla greca tra un professore e uno studente. Ma anche in questo caso c’è qualcosa che non rientra nei canoni del luogo comune.

Primo: è lo studente, Martin, che cerca di sedurre il professore, Sebastién. E fin qui, niente di particolarmente strano. A me non è mai successo, ma non faccio testo e mi risulta che non sia così infrequente.

Secondo: il ragazzo è un intraprendente automa della seduzione. Ha infatti deciso che è tempo di portarsi a letto qualcuno e all’inizio mette gli occhi (letteralmente) su tutti i suoi compagni della squadra di nuoto come per cercare il prescelto, finendo alla fine col scegliere un professore di ginnastica non proprio irresistibile, con calvizie incipiente ed eterosessualità conclamata.

Terzo: Martin non sembra del tutto stabile. Una volta scelta la preda, persegue il suo intento con esibita maniacalità, cieco a ogni ostacolo. Per finire a casa del/col professore si inventa tutta una serie di balle, da un incidente all’occhio al non avere una famiglia presso cui poter pernottare, alla necessità improrogabile di fare una doccia, a quella di uscirne con l’asciugamano un po’ ribassato rispetto alle oggettive necessità, per altro davanti a una vicina del pover’uomo comprensibilmente in imbarazzo… Ma Sebastién è troppo inibito, non si accorge nemmeno che, nottetempo, il ragazzetto in déshabillé gli si è avvicinato e gli ha infilato una mano nelle mutande… C’è chi ha il sonno proprio pesante.

Benché Martin dispieghi ogni centimetro di pelle chiamando all’appello ogni ormone che ha in corpo, non accade nulla. Ma il ragazzo non desiste (si è detto che è un po’ maniaco), sicché nei giorni seguenti torna alla carica avvicinando a più riprese Sebastién, aspettandolo alla sua macchina, offrendosi in piscina ai suoi sguardi con rinnovata magnanimità, e ricambiandoli con occhiate ammiccanti.

Sebastién, come tutti gli etero della fantasia gay, in effetti è turbato, e non solo dall’imperscrutabile salute mentale di Martin. Non si comprende però se a trattenerlo siano la deontologia professionale, il più secolare timore di perdere la busta paga mensile, il fatto di avere una fidanzata o rimozioni sue proprie.

In ogni caso è evidente che fugge i propri desideri, e finge (perché se non finge, allora è tutto chiaro: non ha approfittato perché è tonto) di non capire che Martin sta solo inventando scuse per passare la notte con lui. Evidentemente i due volevano in fondo la stessa cosa.

Comunque, Sebastién si pentirà delle proprie inibizioni quando ormai sarà troppo tardi, e anche qui la piega del racconto non è consueta: le premesse sembravano minacciare la trasformazione del ragazzo in uno stalker, come usa dire oggi, e invece tutto vira improvvisamente su una malinconia nostalgica aliena dai racconti trionfali del film gay medio. Taciamo però forme e motivi della svolta per non rovinare la sorpresa.

Un’opera seconda interessante, con buone speranze per il futuro.

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