Sleepaway Camp

12 agosto 2012

Uno dei tanti horror slasher (non tutti spregevoli) prodotti fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta sull’onda del successo di Halloween (1978), in cui dei ragazzini sessualmente attivi e isolati in qualche campeggio, casa, scuola, ecc., vengono massacrati uno a uno da un omicida psicopatico.

Per gusto di variazione, in questo caso il killer è uno di loro. Da Psycho (che di questi film è stato l’antesignano) in avanti, la causa rimonta sempre a qualche trauma infantile, in genere prodotto in famiglia. Sleepaway Camp non fa eccezione, però il protagonista di traumi ne ha subiti un cumulo imbarazzante.

All’inizio, com’è consuetudine degli slasher, assistiamo all’evento traumatico principale: mentre il protagonista, da bambino, sta giocando con la sorellina su una barca insieme al padre, un motoscafo guidato da due adolescenti in calore, con altro per la testa che guardare dove stanno andando, travolge tutti causando la morte della sorella e del padre.

In un flashback apprendiamo poi che tempo prima i due bambini avevano scoperto, divertiti, il padre a letto con un amico (lo stesso che li stava aspettando sulla spiaggia il giorno dell’incidente). Sembra anche di capire che i due piccirilli si erano poi messi a giocare incestuosamente al dottore.

Ad ogni modo, dopo l’incidente la madre del bambino superstite, che probabilmente dei gusti del marito non ha mai sospettato nulla, decide di allevare il figlio come fosse la figlia, cui evidentemente teneva di più. È lei (cioè: lui vestito da bambina) che ritroviamo, ribattezzato Angela, otto anni dopo nel campeggio dove inizia a dispensare morte. Non si può dargli proprio torto se è afasico, asociale, non vuole fare la doccia con le altre ragazze e si lascia avvicinare solo da un ragazzino, da cui però fugge quando cerca di andare oltre casti baci e languide carezze (è in questa occasione che ricorda la scoperta relativa al padre).

Ovviamente che si tratta di un maschio lo si scopre solo nell’ultima inquadratura, quando due dei sopravvissuti lo trovano (nudo) insieme al ragazzino che gli aveva fatto la corte, e che per questo ha letteralmente perso la testa: Angela gliel’ha staccata. Non aveva reagito del resto molto meglio con gli altri che avevano mostrano qualche interesse nei suoi confronti, soprattutto se sessuale (è il caso anche di un cuoco pedofilo che è il primo a finire male).

Quello che non si comprende è se a trasformare questo bambino sfigato in un serial killer travestito sia la morte della sorella e del padre, la scoperta che l’amico di papà non era solo un amico, o l’essere stato allevato in senso contrario al suo sesso, come già avveniva in una curiosa imitazione di Psycho, Homicidal di William Castle, in cui si metteva in campo indirettamente anche una possibile operazione di cambio di sesso. Operazione cui anche Angela si sottoporrà nel secondo film di quella che, nonostante la disperante assenza di meriti di storia, attori e regia, è poi diventata una trilogia. Il fatto è che questi film erano prodotti con tale economia che spesso avevano successo indipendentemente dalla serie di appartenenza (di solito intorno alla Z).

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