Greve tentativo di seguire le orme almodovariane, senza alcuna grazia e senza alcuna levità di tocco. Presentato come film indipendente, è in realtà un melodramma di concezione televisiva totalmente chiuso nelle regole di genere, con i suoi eccessi, le sue lacrime facili, le scene di sesso false come solo un bambino se le può immaginare con casta perversità, i dialoghi che oltrepassano abbondantemente il ridicolo (così come l'interpretazione del bisessuale), la fotografia puramente decorativa con le sue filtrature gratuite. La trama è prevedibilissima, dalla prima scena (dopo i pretenziosi titoli di testa, di pessimo gusto) fino alla chiusura moralista. Un film nato vecchio, che non ha nulla da dire di nuovo sull'abusato schema del triangolo con vertice bisessuale. Si salva solo la sempre brava Cecilia Roth, il resto è uno strazio, tanto che si ride a crepapelle.