Qualcuno è rimasto perplesso di fronte a questo film che rischiava di rilanciare lo stereotipo dell'omosessuale killer, per altro ispirandosi vagamente a una vicenda di cronaca nera di qualche anno prima. Ma è un film cupo e claustrofobico, nonostante gli ampi spazi (sia in interni che in esterni) nei quali è girato, del tutto privo di eroi e di antagonisti. Tutti i personaggi sono parimenti ambigui e insufficientemente attraenti per vincolare il pubblico a un'intepretazione manichea. Giocando con le ambiguità morali del noir, Garrone costruisce un film dignitoso, inconsueto e interessante nel panorama del cinema italiano, e per questo tanto più meritevole di vedersi riconosciuti i suoi pregi. Tra i quali è da annoverare l'interpretazione del protagonista, che riesce bene a rendere tanto l'umanità quanto la passività aggressiva di Peppino, che certo non ha un impatto positivo sullo spettatore, ma non lo ha nemmeno la debolezza del bambolotto Valerio.