recensione diMauro Giori
Sette orchidee macchiate di rosso
Giallo all’italiana di routine che ruota intorno alla vendetta perpetrata contro sette donne, una delle quali anni prima si è resa responsabile di aver lasciato morire dissanguato un giovane americano dopo un incidente automobilistico. Siccome l’assassino non sa chi sia la colpevole, per sicurezza cerca di ammazzarle tutte.
Dopo alcuni thriller psicologici in cui la componente erotica dominava l'intreccio sulla scorta di uno sfruttamento piuttosto becero della “rivoluzione sessuale”, Lenzi segue questa volta una formula più tradizionale di quello che in Italia era ormai un genere consolidato. Tuttavia, non rinuncia al suo marchio di fabbrica nel momento in cui le indagini si spostano nel mondo dei “cappelloni”, portando a indirizzare i sospetti su un omosessuale. Il quale una volta tanto non è l’assassino, ma tutti lo credono tale e a tutti il fatto risulta plausibile: per i film e le cronache dell’epoca essere omosessuali era in sé un buon motivo per delinquere. In più, questo avrebbe avuto anche un movente: era il fidanzato del morto, dal quale era stato piantato per una donna. Inoltre, è americano (come il suo ex), e nei film di Lenzi la rivoluzione sessuale è un misto di pornografia soft, droghe, abiti vaporosi e musica di bassa qualità sempre importato dall'estero (di solito dal Nord Europa, qui dal Nord America).
Bisogna ammettere che questo povero disgraziato, poco piacente, non più giovane, artista fallito, drogato marcio, vistosamente nevrotico e aggressivo, come da stereotipo, farebbe venire ripensamenti a chiunque, e quindi un po' il suo ex bisogna provare a capirlo. Comunque va da sé che quando viene trovato impiccato non c’è nessuno a piangerlo, nemmeno quel fidanzatino in vestaglietta simil-hippy che abbiamo conosciuto in una sequenza precedente, in cui si mostrava talmente imbranato da stare a vederlo andare in overdose e talmente poco maschile da farsi sballottare da una parte all’altra dell’appartamento dal piacente eroe (etero, ovviamente, "sebbene" stilista), che aveva fatto irruzione per condurre le sue probe indagini.
Persino l’appartamento si può facilmente immaginare: gigantografia di Marilyn alla parete, zebre morte dappertutto, cineserie in quantità, farebbe girare la testa a chiunque senza bisogno di assumere LSD. Occorre dire che lo spettatore vi accede per la prima volta durante un droga-party orgiastico? Durante il quale non manca una coppia di uomini talmente trasgressivi… da fumare insieme.
Sia di consolazione che l’assassino in realtà è un prete.