Passi di danza su una lama di rasoio

25 novembre 2012

«Quindi abbiamo a che fare con uno zoppo. Questo ci facilita. Mi faccia avere tutti i dati segnaletici di tutti gli invertiti e i maniaci sessuali che risultano menomati alle gambe». È il solito ispettore geniale di questi film, che si muove per stereotipi e in questo modo rispecchia quelli che informavano le cronache nere del tempo.

In più, un’amica di una delle vittime offre alla fine un aiuto decisivo per risolvere le indagini. Richiesta di spiegare il perché si sia tanto prodigata, confessa: «Ci legava un affetto… più che fraterno… un grande affetto». Lo spettatore ideale, allenato dai tanti esemplari con scene analoghe che affollavano il cinema di genere italiano dell’epoca, avrà certo lustrato gli occhi pronto a godersi l’immancabile flashback patinatissimo che la mostra nuda come un verme mentre si struscia con la sua amante.

Niente che esca dal seminato del giallo nella sua versione nostrana. Semmai, il film si distingue dai suoi simili per avere un intreccio oltremodo sconclusionato anche rispetto agli standard del genere, che non ha certo mai brillato per logica, coerenza e precisione delle sceneggiature.

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