Thomas Mann

9 gennaio 2005

A metà tra biografia e saggio critico, questo importante volume di Heilbut si sofferma a lungo sulle passioni di Mann per mostrare quanto siano centrali nella sua produzione letteraria. E, scrive Heilbut, "i suoi desideri furono essenzialmente, se non esclusivamente, omosessuali, nonostante un matrimonio durato cinquantacinque anni e la nascita di sei figli" (p. 14).

Dalle pagine di questo libro emerge dunque un Mann inequivocabilmente omosessuale, con buona pace della moglie Katia - che era al corrente delle passioni del marito - e di tanta critica che da decenni si arrampica sui vetri per negare l'importanza che l'omosessualità riveste nell'opera manniana.


Ma dal lavoro di Heilbut emerge anche un Mann che per tutta la vita fu incapace di accettare pienamente e di riconoscere pubblicamente (a differenza di quanto fecero due dei suoi figli) la propria omosessualità. Mann temeva infatti di compromettere la sua posizione sociale e di rovinare la sua carriera artistica, eventualità che gli si era materializzata davanti agli occhi in gioventù con lo "scandalo Eulenberg", culminato in un pubblico processo che aveva rovinato molti uomini potenti (e parecchi sposati, alcuni indotti al suicidio dallo scandalo) coinvolti negli intrallazzi omosessuali organizzati dal principe Filippo, ambasciatore tedesco a Vienna.


Mann si innamorò per tutta la vita di giovani ragazzi: cominciò con suo compagno di scuola delle superiori, che lo ossessionò per un paio di anni (ispirandogli il Tonio Kroeger), e finì con un cameriere diciannovenne di cui si innamorò in tarda età. In mezzo, tra gli altri, l'amico Paul Ehrenberg, che definì "l'esperienza centrale del mio cuore" e con il quale, secondo l'interpretazione di Heilbut, ammise persino di aver "consumato". E tra le sue passioni sono da annoverare anche quella per un decenne polacco, che gli offrì nel 1911 il soggetto per Morte a Venezia, e quella per l'adolescente figlio Klauss, di cui si invaghì per alcuni mesi. Inoltre nel 1914 acquistò un quadro del pittore Ludwig von Hoffmann raffigurante tre ragazzi nudi e lo tenne sempre nel suo studio, ad ispirarlo fino alla morte.


Mann confessò queste passioni al suo diario personale e ad alcuni parenti (ad esempio al fratello Heinrich), ma Heilbut sostiene che fu più volte sul punto di rivelarle al mondo intero. Del resto i soggetti di alcune sue opere sono piuttosto espliciti, fino al caso limite di Morte a Venezia, autobiografico fin nei minimi dettagli.


Ma l'opera di Mann riflette, com'è facile immaginare, l'atteggiamento ambivalente (e alquanto variabile negli anni) che l'autore ebbe nei confronti della sua sessualità: vi si ritrova tanto l'entusiasmo per la passione travolgente quanto l'incapacità di accettarla pienamente. Se Morte a Venezia (sul quale Heilbut è fin troppo indulgente) incarna in modo emblematico questo contrasto, anche la produzione saggistica dello scrittore tedesco appare divisa in modo schizofrenico tra un testo al limite dell'omofobia, Sul matrimonio (1925), e altri al limite della militanza, come il saggio su Platen (poeta omosessuale che Mann adorava) o quello contro il paragrafo 175 pubblicato su Der Eigene, scritti entrambi tra il 1929 e il 1930.
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