Il vento, di sera

8 febbraio 2005, "Babilonia", n. 230, aprile 2004

Ecco un bel film italiano: Il vento, di sera, presentato con successo alla Berlinale. La storia prende spunto da due fatti realmente accaduti a Bologna non molto tempo fa, che vengono qui fusi. Si immagina che durante l’assassinio di Marco Biagi (nel film Marco Raimondi, interpretato da Ivano Marescotti), Luca sia ucciso sotto casa perché testimone involontario del delitto (proprio come accadde ad un povero giovane in uno dei più efferati colpi della banda dell’Uno bianca). Paolo (l’eccellente Corso Salani), il compagno di Luca, accorre quasi subito, assieme alla vicina di casa Francesca, a soccorrere quel corpo ricoperto di sangue; accompagnatolo all’ospedale, non gli è dato però di sapere, in quanto non è parente, la sorte del suo amato. Sconvolto e dilaniato da dolore, colpevolizzato dell’accaduto al telefono dai genitori di Luca che lo cacciano da casa, Paolo inizia a vagabondare per la città, incontrando alcune persone, fra cui un ragazzo, Momo (Fabio Valletta), il quale prima lo porta in un locale gay e poi a casa per fare l’amore. Ma su questo Paolo non ce la fa ad assecondarlo: fuggito via, continua il suo vagare senza meta, finché, una volta letto sul giornale la reale portata dell’accaduto, si siede senza forza sul ciglio di una strada pensando al suo amore perso per sempre.

Il film di Andrea Adriatico, conosciuto finora soprattutto per il pluripremiato corto Pugni e su di me si chiuse un cielo, ha indubbie qualità. La storia è sfortunatamente verosimile, così come i tristi addentellati – si pensi alla tremenda quanto realistica scena dell’ospedale – e il viaggio di Paolo, accompagnato solo dal suo strazio, è narrato in punta di piedi, con un minimalismo che scava a fondo nei sentimenti senza essere retorico. In questo stile asciutto, che porta a galla l’essenza del dolore, tutto funziona bene, dalla recitazione alla fotografia che esalta l’asetticità di una città notturna inospitale e fredda. Peccato, tutt’al più, che l’idea di base non sia stata sviluppata ulteriormente e che le persone incontrate da Paolo siano lacerti un po’ approssimativi di un percorso incidentale e non essi stessi fonte di introspezione. Ma, al di là di qualche difetto – danno ad esempio fastidio le diverse inflessioni dialettali che, lungi dallo spersonalizzare la città, finiscono col dare un tono un po’ macchiettistico – il film colpisce per la normalità con cui viene descritta la coppia Paolo-/Luca, rara nel cinema italiano, e per la profondità con cui fa riflettere sul fatto che basta una zaffata di vento contraria (quella a cui si riferisce Bernard-Marie Koltès ricordato nei titoli di testa: “basta un poco di vento a farci volare via”), per distruggere irrimediabilmente delle vite.
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autoretitologenereanno
AA.VV., Stefano Casi, Sandro Avanzo, Andrea Adriatico, Gabriele Carleschi, Stefano Casagrande, Alessandro Fullin, Rinaldo LuchiniTeatro in deliriomiscellanea1989

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