recensione diFrancesco Gnerre
Poesie per un corpo [1954]
In esilio negli Stati Uniti, dove insegna letteratura spagnola al Mount Holyoke College, il grande poeta spagnolo Luis Cernuda (1902-1963) che ha lasciato la sua Andalusia nel 1938, dopo la vittoria del generale Franco, appena può si rifugia in Messico alla ricerca delle proprie radici e della propria lingua.
Qui, quando ha 49 anni, nel 1951, conosce Salvador, il giovane destinatario di questo bellissimo canzoniere composto di sole sedici liriche caratterizzate da un'appassionata celebrazione del corpo dell'amato e da uno straordinario equilibrio stilistico.
"Vista la mia età, scriverà il poeta, non mi sfugge che la mia condizione di vecchio innamorato poteva apparire ridicola. Ma sapevo anche, volendo trovare scuse davanti a me stesso, che certi momenti della vita ci impongono di abbandonarci al nostro destino in modo totale e senza riserve, e ci chiedono di compiere un salto nel vuoto confidando nell'impossibile (...) nella mia giovinezza non mi ero mai sentito tanto giovane come in quei giorni in Messico; erano dovuti passare tutti quegli anni, ed ero dovuto arrivare all'altro capo del mondo, per vivere quei momenti felici".
Nonostante il trasferimento in Messico di Cernuda, la relazione con Salvador non durerà a lungo, ma il giovane (ulteriore smentita del luogo comune che vuole protagoniste dell'amore dei poeti solo le varie Beatrici e Laure), diventa, come il "Lord of my heart" di Shakespeare, come Tommaso Cavalieri di Michelangelo o il Ninetto di Pasolini, il destinatario di un amore possibile e felice:
Quanto alla durata della relazione, il poeta, ripensando a questa esperienza e a queste poesie, dirà, rassegnato, che forse "all'amore si devono chiedere solo alcuni istanti, che davvero equivalgono a un'eternità".