recensione diGiulio Maria Corbelli
Per una cultura senza omofobia
Forse non sarà una lettura leggera da ombrellone, ma questo volume di Tommaso Giartosio è un prezioso contributo alla definizione di una cultura gay italiana. Immaginando un dialogo con un ipotetico interlocutore scettico (ma il botta e risposta corrisponde più a un’intervista che a un vero dialogo con opposte posizioni), l’autore espone le sue affascinanti teorie sulla letteratura, sull’esistenza di una cultura gay, sul contributo che gli autori omosessuali possono dare alla letteratura in generale e alla definizione di una comunità glbt italiana. Alcune pagine del libro conquistano e avvincono come i più grandi saggi, come quelle in cui Giartosio si avventura in una interpretazione in una chiave puramente gay del canto XV dell’Inferno dantesco, quello in cui il poeta visita tra i sodomiti il suo mentore Brunetto Latini. Oppure quelle che contengono la critica lucida e incisiva fatta alle opere di Pasolini, o di Levi, e di altri autori anche meno conosciuti. La mole delle opere citate rende imperdonabile l’assenza di una bibliografia nel volume. Ma ciò che emerge con maggiore forza dalle pagine di Perché non possiamo non dirci è la passione di uno studioso che cerca di affrontare le tematiche della critica letteraria e dell’analisi del movimento glbt, andando a scovare e rimuovere con certosina pazienza ogni traccia di omofobia che nel corso dei secoli si è annidata nella letteratura di tutti i generi, inclusa quella definita omosessuale.