Statua di sale, La. Un omosessuale "normale" nel 1948

L'immagine di enfant prodige che nel 1948 sconvolse l'America, rappresentando in un romanzo un personaggio omosessuale "normale", al di fuori degli stereotipi rassicuranti della cultura dominante, e che ha accompagnato tutta la vita dello scrittore, non appare affatto offuscata.

Gore Vidal porta bene i suoi 73 anni: alto e un po' ingrassato ha un'aria imponente e maestosa che incute rispetto e ammirazione.

A Roma per la presentazione del libro-scandalo della sua giovinezza, The city and the pillar, già pubblicato in Italia dalla Bompiani col titolo Jim, ora riproposto dalla casa editrice Fazi in una nuova traduzione e con il titolo La statua di sale, si offre compiaciuto ai flash dei fotografi e racconta con vivacità le sue scelte, i suoi rapporti con l'Italia, le tappe dei suoi successi, la sua ostinata e ininterrotta guerra contro i pregiudizi e i luoghi comuni americani.

Oggi Gore Vidal vive a Ravello, sulla costiera amalfitana. Dice di avere un legame atavico con l'Italia, da dove ha origine la sua famiglia, ma non ha mai imparato bene l'italiano e ha sempre bisogno di un traduttore.

In America trascorre solo pochi mesi dell'anno, ma i suoi interessi sono rimasti tutti americani. L'Italia è un privilegiato punto di osservazione, da dove può vedere meglio la realtà americana, che colpisce in tutti i suoi libri con implacabile sarcasmo.

Per lui non c'è niente di sacro e intoccabile. Ha osato demolire il mito di Lincoln e trasformare la passione di Cristo in un Evento conteso dalle televisioni di tutto il mondo con tanto di cronisti in diretta dal Golgota.

I suoi saggi sulla politica e la società sono stati e continuano ad essere materiale esplosivo per il sistema di potere americano.

Con un nonno senatore, un padre fondatore di un paio di compagnie aeree e con un promettente avvenire di uomo politico davanti a sé (Jacqueline Kennedy era sua sorellastra e l'attuale vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore è suo cugino), nel 1948, poco più che ventenne, Vidal pubblica il romanzo che cambia radicalmente il corso della sua vita:

"Mi trovavo al centro di un crocevia di strade, proprio come quello in cui si trovò Edipo.

Se avessi pubblicato il romanzo, avrei svoltato a destra e sarei finito, maledetto, a Tebe. Abbandonandolo, avrei girato a sinistra trovandomi nella santa Delfi.

L'onore richiedeva che prendessi la strada per Tebe. Sapevo che la mia descrizione di una storia d'amore tra due ragazzi americani "normali", come quelli con i quali avevo trascorso tre anni nell'esercito in tempo di guerra, avrebbe messo in discussione nel mio paese natio - che è sempre stato più simile alla Beozia, temo, che non ad Atene o alla spettrale Tebe - tutte le superstizioni sul sesso.

Fino a quel momento, i romanzi americani sulle 'inversioni sessuali' avevano trattato di travestiti o di ragazzi solitari e cerebrali che avevano contratto matrimoni infelici e si struggevano per i marine.

Io ruppi quello schema. I miei due amanti erano atleti e così attratti dal genere maschile che, nel caso di uno, Jim Willard, quello femminile era semplicemente irrilevante.

La sua passione lo spingeva a riunirsi con la sua metà, Bob Ford: sfortunatamente per Jim, però, Bob aveva altri progetti sessuali, che comprendevano le donne e il matrimonio".

Il libro ebbe un'accoglienza "incredula e scandalizzata".

Qualche riconoscimento gli venne dall'Europa da parte di Thomas Mann, André Gide, Christopher Isherwood, ma in America fu attaccato violentemente.

Il "New York Times" ne rifiutò la pubblicità e le recensioni furono tutte negative: si parlò di un libro "cinico" e "sterile" - "cinico" evidentemente perché tratta un tema non familiare ai più e "sterile" perché, secondo il sillogismo che l'atto omosessuale non produce figli, di conseguenza è sterile, anche un libro che tratta di atti omosessuali, è automaticamente sterile.

Ma pochi mesi dopo fu pubblicato il famoso Rapporto Kinsey sulla sessualità maschile dove si documentava statisticamente che un terzo degli americani riconosceva di aver avuto, in un momento o l'altro della propria esistenza, esperienze omosessuali e si giungeva alla conclusione che solo il cinquanta per cento della popolazione poteva essere considerato "esclusivamente eterosessuale".

"L'America", dice compiaciuto e sorridente Gore Vidal, "non si è mai più ripresa da quello shock".

"Non ti perdoneranno mai per questo libro", gli aveva detto un vecchio editor. E difatti i libri scritti dopo furono ignorati per almeno un decennio, ma l'ostracismo dal mondo della letteratura fu per Vidal anche una spinta positiva a provare altre forme espressive, nella televisione e nel cinema, dove ha lavorato per anni facendo tra l'altro la sua fortuna.

Nel 1964 col romanzo Julian e poi nel 1968 con Myra Breckinridge c'è il ritorno in grande alla narrativa, e nessuno può più ignorarlo.

A proposito del cristianesimo, spesso oggetto della sua satira, in particolare in Julian e in In diretta dal Golgota, Vidal dice: "Per me la Cristianità è stato il più grande disastro mai abbattutosi sull'Occidente.

Naturalmente, tenendo presente l'ingenuità umana e la tendenza all'autodistruzione che ci contraddistingue, avremmo potuto anche congegnare disastri maggiori... è difficile immaginare cosa".

Quanto all'omosessualità, dice di essersi sempre battuto contro i pregiudizi e l'ipocrisia e ci tiene a sottolineare che The city and the pillar è stato il primo romanzo americano che racconta un rapporto omosessuale tra due giovani assolutamente "normali": "questo fatto era stato moneta corrente nell'esercito, dove moltissimi ragazzi avevano avuto relazioni di quel tipo, anche se poi, di ritorno a casa, si erano sposati accettando la banalità, la "normalità", il quieto vivere".

Quando si parla invece di persone omosessuali, Vidal manifesta un certo disappunto: non crede che si debba parlare di omosessuali in quanto persone.

Esistono atti omosessuali e atti eterosessuali, non persone omosessuali e persone eterosessuali.

E' lo Stato che ha bisogno di categorizzare per condannare ed escludere, non noi, e aggiunge: "probabilmente il dieci per cento dei maschi in qualsiasi posto preferisce le donne agli uomini e un altro dieci per cento preferisce gli uomini alle donne. Se mettiamo da parte questi, diciamo entusiasti - come i tifosi del calcio - ci si rende conto del fatto che la maggior parte delle persone va sessualmente alla deriva. Allora perché agitarsi tanto?".

Fernanda Pivano, sedutagli accanto lo ricorda "bello e fascinoso" quando lo incontrò la prima volta nel 1948 e, presa dall'entusiasmo, parla di lui come dello "scrittore più illuminato, più sarcastico che ha avuto l'America", anzi di "luce dell'America" e le è difficile immaginare "cosa sarebbe l'America, se non ci fosse Gore".

Lo scrittore, per niente imbarazzato (anzi!), annuisce soddisfatto e compiaciuto.

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Gli albori della letteratura gayVari
23/12/2012

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