For a Lost Soldier

20 marzo 2005, "Babilonia", 222, luglio/agosto 2003

E' arrivato in video un film amatissimo, di cui molti hanno sentito solo parlare, facilmente in termini entusiasti, senza mai avere avuto purtroppo l'occasione di vederlo: For a Lost Soldier (Voor een verloren soldaat), dell'olandese Roeland Kerbosch.

Vincitore del Festival Gay di Torino nel 1993, ex aequo con Amazing Grace dell'israeliano Amos Gutman, da allora il film è comparso in Italia solo in qualche festival sporadico (come lo scorso aprile a Roma) e la stessa videocassetta con sottotitoli inglesi, distribuita dall'inglese Dangerous to Know, è da anni esaurita. La e-mik, l'unica casa italiana che di fatto dedica largo spazio alla cinematografia a tematica gay, ha finalmente fatto uscire un video, in versione originale con sottotitoli in italiano.

Il film si rifà all'omonima autobiografia del coreografo e ballerino olandese Rudi Van Dantzig, il quale nella pellicola assume il nome di Jeroen Boman, interpretato da Jeroen Krabbé, un attore importante per la cinematografia gay: è stato infatti il protagonista de Il quarto uomo, il mitico film di Paul Verhoeven, intessuto profondamente di spunti gay e tratto dal sofferto e intrigante romanzo di Gerard Reve (Krabbé, per la cronaca, è stato presente in un ruolo più marginale anche in Spetters, anch'esso di Verhoeven).

Anche Jeroen Boman è un affermato coreografo che, un po' in crisi di ispirazione, nello spiegare ai suoi allievi il senso della parola libertà, ricorda in lungo flashback la sua infanzia: quando - nel 1944, durante la seconda guerra mondiale - fu sfollato, dodicenne, assieme a molti altri ragazzi, da Amsterdam in un piccolo villaggio sulla costa. Qui il giovane Jeroen (Maarten Smith) viene accolto da una famiglia di pescatori, generosissimi ma anche molto poveri. Nonostante l'affetto e le premure offertegli da tutti i componenti della famiglia, il ragazzo si sente spaesato ed isolato e sogna di tornare a casa. Nello stesso tempo, comincia a prendere corpo in lui il desiderio verso le persone del proprio sesso. In un primo momento, Jeroen è attratto dal biondissimo Henk (Wiendelt Hooijer), il suo nuovo "fratello adottivo", e poi, più fortemente, dal suo migliore amico, anche lui di Amsterdam: Jan (Derk-Jan Kroon); questi, in piena tempesta ormonale ed attratto dalle ragazze, parla spesso di sesso, si fa vedere nudo e lotta corpo a corpo con Jeroen, che vede in lui sempre più un oggetto di desiderio.

La svolta avviene però quando l'Olanda nel 1945 viene finalmente liberata dalle truppe alleate e nel villaggio sbarca una guarnigione canadese. Jeroen si imbatte in un aitante soldato, Walt Cook (Andrew Kelley), il quale durante la festa per la liberazione, lo affascina, cantando e ballando, offrendogli cioccolata e quella particolare attenzione da lui tanto bramata. Nonostante la difficoltà di comprensione, visto che parlano lingue diverse, i due diventano immediatamente molto amici e iniziano a frequentarsi e a uscire assieme. Nel paese, molti notano e non apprezzano questo loro rapporto così affiatato, a cominciare dal padre adottivo del ragazzo, il quale capisce bene come non sia solo un'amicizia. Ma Jeroen e Walt non si fermano e il loro rapporto diventa un'intensa passione, che naturalmente presto sfocia nell'amore fisico.

Un giorno, Walt parte per fare ritorno in Canada, lasciando un vuoto in tutti, compreso il padre adottivo del ragazzo, inebriato anch'egli dalla libertà finalmente conquistata. Per Jeroen è una tragedia: mentre per il soldato quel rapporto era una cosa fatalmente destinato a terminare il giorno della partenza, per lui il ricordo (l'unica cosa che gli rimane, visto che l'unica foto di Walt che possedeva è andata distrutta) di quell'amore - il primo ed il più grande mai vissuto - condizionerà il resto della sua vita. Per fortuna, più di 45 anni dopo riuscirà - grazie alla sua assistente Hait (Freark Smink) - a scoprire l'identità del soldato, grazie alla sua placca d'identificazione. Un momento, questo, particolarmente toccante, segnata dalla musica splendida e coinvolgente di Joop Stokkermans.

For a Lost Soldier (in italiano "Per un soldato perduto") è un meraviglioso dramma romantico, girato con una narrazione tutto sommato lineare - un lungo flashback, incorniciato dalle due scene in cui Jeroen adulto è al lavoro, intento a dirigere un balletto - e con una regia forte quanto sottile e attenta alle sfumature. Il soggetto assolutamente esplosivo - quello di una storia d'amore fra un adulto ed un adolescente - è trattato con coraggio e nello stesso tempo con una straordinaria delicatezza, che non esclude però una franchezza di linguaggio. Tutta la storia fra Walt e Jeroen è infatti pervasa da una crescente tensione erotica, che culmina in un'atmosfera carica di sensualità quando Walt possiede il ragazzo, da lui chiamato "mio principe", senza incontrare da parte sua nessun tipo di resistenza, visto che il ragazzo gli si offre con la totalità tipica della sua età; una scena che si offre allo spettatore in maniera quasi scioccante, per l'incredibile disinvoltura e naturalezza con cui viene narrato quest'amore così tenero anche nei suoi risvolti fisici.

Un film dunque decisamente insolito, che trova ben pochi altri riscontri. Nel cinema italiano, l'unico che viene alla mente è Il sapore del grano del veneziano Gianni Da Campo (1986), in cui si narra una storia - il fortissimo rapporto che si viene a creare fra un professore ed un suo allievo dodicenne - dai toni sommessi e pudichi, immersi nell'elegiaca campagna veneta, ma che difetta di coraggio e sembra aver paura di ciò che lo spettatore magari potrebbe pensare.

Qui, invece, è tutt'altra cosa. For a Lost Soldier - coprodotto, per incredibile che possa sembrare, da una rete televisiva olandese, la Avro-TV - ha il pregio di far vivere questa storia d'amore così particolare senza sentire il bisogno forzato di etichettarla in nessuna maniera; senza dire che, cosa più importante ancora, non offre momenti per ripensamenti o pentimenti né trasporta tutta la storia nell'ambito di un'esperienza adolescenziale fine a se stessa (anzi Jeroen è felice di averla vissuta!), come quasi sempre accade in storie più o meno analoghe.

Nel suo articolo su Babilonia (n. 112) sul Festival di Torino del 1993, Andrea Pastor sottolineò giustamente come il film "senza azzardare sperimentalismi linguistici (...) fa passare un discorso assolutamente radicale e liberatorio, del tutto inedito, o quasi, per il cinema gay, dalle sue origini ad oggi." Immaginando che mai le maglie della censura avrebbero fatto passare un film simile incentrato sulla pedofilia, uno dei maggiori tabù della nostra cultura, Pastor conclude così: "Da proiettare in un'utopica scuola del 2000".

Sorpassata quella fatidica boa, le cose non sono poi tanto cambiate su quest'argomento, anzi. Ma il film ha trovato una distribuzione, sia pure in video, e questo è un fatto. Non si può che esserne contenti.

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