Il sesso al cinema

23 marzo 2005, (parzialmente) su "Pride", 61, luglio 2004, firmato col nome di Ivan Godeas

Si deve ad uno dei più grandi storici del cinema italiano, Fernaldo Di Giammatteo, la collana "Il Cinema e le Idee" dell'editore fiorentino Cadmo. Ogni titolo della collana prende in esame un tema ben preciso nell'ambito del cinema.

Finora sono usciti L'ombra scura della religione di Stefano Socci, Sequenze di gola: cinema e cibo di Cristina Bragaglia, Cinema gay, l'ennesimo genere di Roberto Schinardi e Il sesso al cinema di Daniela Pecchioni.

Quest'ultimo non offre molto spazio ad un giudizio positivo. E' pur vero che l'argomento trattato dalla Pecchioni, a differenza di quello di Schinardi, è un vero e proprio mare magnum, solo sfiorabile in un libello di poco più di cento pagine, ma il risultato è veramente modesto.

L'autrice dà l'impressione di non sapere gestire un argomento così fluido e nello stesso tempo ricco di spunti e di non essere stata capace di costruirsi un percorso valido. Così vaga senza meta, dalla storia della censura al famigerato Codice Hays, dai primi momenti forti erotici visti sullo schermo fino alla libertà sconfinata dei giorni nostri, in cui il sesso non scandalizza ormai più nessuno, tranne la violenza sessuale, l'unica cosa che forse ancora suscita indignazione.

Una libertà, quella attuale - sostiene l'autrice - che non stimola le idee e che è sintomo di appiattimento delle coscienze, non corroborate da molle di carattere istituzionale, culturale, politico o morale.

Nel suo excursus la Pecchioni racconta in maniera fin troppo analitica le vicende di molti film famosi, impelagandosi in riassunti fin troppo puntuali, e peraltro senza notazioni particolarmente originali, di opere ormai fin troppo conosciute (come La finestra sul cortile di Hitchcock, Salò di Pasolini o Ultimo tango a Parigi di Bertolucci).

Inoltre, molte posizioni appaiono flebili, legate a parametri ineffabili, come l'eventuale "compiacimento del regista" nelle riprese di sesso.

Così, ben poco è salvabile nel libro. Tra le poche riflessioni interessanti spiccano quelle su Tinto Brass (del quale vengono tenute in buona considerazione alcuni film, Salon Kitty e La chiave su tutti, effettivamente non malvagi) e alcune sul cinema erotico italiano degli anni Settanta - di cui viene preso in considerazione a mo' di esempio il celebre Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda di Mariano Laurenti - come interessante specchio di un'epoca e di una società, quella italiana, che si stava aprendo in quegli anni ad un diverso "comune senso del pudore".

Last but not least, irrita profondamente la mancanza assoluta di ogni riferimento al cinema a tematica omosessuale. D'accordo, il nostro è un giornale gay e noi siamo di parte (felici e orgogliosi di esserlo) ma onestamente come si può nel 2004 scrivere un libro sul sesso al cinema ignorando del tutto il cinema gay e lesbico?

Come se non bastasse, nel capitolo dell'appendice "Nude(i) alla meta", dedicato alle star del cinema, parlando della nudità maschile integrale, arrivata molto dopo quella femminile, si sostiene, udite udite, che la sua comparsa sia dipesa solo dal pubblico femminile.

E che essa serva, come i calendari di nudi, a "decorare le pareti delle stanze di ragazzine sempre più agguerrite".
Si è dunque sorvolato sul fatto che il cinema sia visto e fruito anche da gay e lesbiche che contribuiscono, da parte loro, ad orientare in una maniera piuttosto che in un'altra il cinema e i suoi divi. Insomma, spiace dirlo, ma il libro è proprio un'occasione sprecata...

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