recensione diMauro Giori
Un trattato sulla prostituzione maschile
Ex commissario di polizia, Carlier dedica questo ponderoso trattato alla prostituzione, suddividendolo equamente tra prostituzione femminile e maschile (il termine che usa è "prostitution antiphysique"). La parte sulla prostituzione maschile si divide in sette capitoli, il primo dei quali, di carattere introduttivo, è forse quello più curioso per comprendere la mentalità del tempo e i luoghi comuni più diffusi sulla pederastia.
Carlier inizia con una sofferta limitazione di campo: si occuperà solo del lato "visibile" della pederastia, cioè della prostituzione, tralasciando "tutto ciò che è intimo" (p. 277), poiché la pederastia in sé non è più reato in Francia (dal 1791). Dico "sofferta" perché si capisce facilmente dove voglia andare a parare l'autore, anche prima di arrivare al VII capitolo dove la sua proposta viene esplicitata: Carlier vorrebbe che la pederastia in sé tornasse a essere reato, poiché fonte di crimini anche più della prostituzione femminile, cui non deve essere perciò equiparata (Carlier si oppone esplicitamente all'idea di creare bordelli per pederasti).
Ma il trattato finisce con l'essere un documento piuttosto interessante per ricostruire (anche grazie alle lettere private che Carlier ha trascritto e così conservato) un certo ambiente sociale (specificamente quello della prostituzione maschile parigina) e una certa forma di "comunità omosessuale" (a più riprese - ad es. a p. 283 - l'autore mette l'accento sulla solidarietà che lega i pederasti, solidarietà che emerge dalle lettere già ricordate). Prende così vita un mondo popolato da tapettes, corvettes, jesus e petit jesus, prostituti alle prime armi, mezzani navigati e militari disponibili (e particolarmente ricercati, giura Carlier: ad essi dedica gran parte del capitolo V) in cerca di guadagni rapidi, che battono per strada, ai "water-closets des Halles" (p. 301), in retrobottega con doppie entrate, ecc.
Ovviamente l'ottica di Carlier è fortemente repressiva: non è immune a nessuno dei luoghi comuni diffusi al suo tempo e considera i pederasti effeminati "inutili alla società" ed estranei "ai sentimenti più nobili, quelli del patriottismo e della famiglia" (p. 280), oltre che all'amore poiché (!) non possono fare figli (pp.286-7). Per lui i pederasti "sono semplicemente dei malati" (p. 282) (di "una specie di malattia cerebrale", p. 468, non meglio precisata) e sono quindi infidi, falsi e cinici (p. 286), "privi di senso morale" (p. 293) e ossessionati dal sesso, come dimostrano anche i disegni osceni che spesso decorano le loro lettere (p. 310). La sola passione positiva che hanno è quella per la musica (p 310).
I capitoli II e III approfondiscono tipologie e classificazioni dei prostituti pederasti e della loro organizzazione professionale (infatti "esercitano un mestiere, quello di pederasta, come altri fanno i meccanici o i gioiellieri", p.354), allargando lo sguardo anche alla clientela.
Il capitolo IV sposta l'attenzione sui crimini che si commettono nell'ambiente della prostituzione e sui rischi che corrono i clienti.
Il capitolo VI è di un certo interesse perché sottolinea come la pederastia non sia un'esclusiva dell'ambiente urbano (che invece all'epoca era spesso additato come origine di tutti i mali) e che a Parigi il fenomeno è solo più evidente, ma esiste però anche in provincia (anche qui sono riportate lettere molto interessanti di pederasti "di campagna" che spiegano come organizzano la loro vita notturna e i loro incontri). Lo sguardo di Carlier si allarga poi a considerare sommariamente la situazione della pederastia in altri Paesi, da quelli più tolleranti (Turchia, Italia) a quelli più repressivi. Il capitolo include anche la discussione di un trattato di Ulrichs (pp. 455-461), riassunto con dovizia di particolari (e poi ovviamente deriso).