recensione diVincenzo Patanè
Mery per sempre
Grazie soprattutto all'ottima sceneggiatura e al ritmo incalzante, il film (che ha avuto un prosieguo nel meno convincente Ragazzi fuori) ha avuto successo sia di pubblico che di critica.
Salutato come un nuovo neorealismo, per il forte impegno sociale e l'uso di molti attori non professionisti, ha in realtà non poche cose che lo avvicinano al melodramma, riuscendo a commuovere senza indurre al pietismo.
Il film - tratto dall'omonimo romanzo Aurelio Grimaldi - rientra nel filone carcerario; ma, scaturito dall'esperienza vissuta realmente da Grimaldi, è originale nel mettere a fuoco la conflittualità che si crea tra Terzi, venuto da fuori, e quel mondo a sé, dai codici e dalle regole autonome.
In quel microcosmo carcerario - dove le assistenti sociali sono violentate, i poliziotti pestano senza pietà e si esalta la mafia - i ruoli sono infatti ben determinati e ribaditi da tutti, pena l'emarginazione: si pensi a Pietro che difende l'operato dei poliziotti che lo hanno malmenato o a Claudio, disapprovato da tutti perché non ha ceduto alle violenze sessuali di Carmelo, come è d'uso secondo la legge del più forte.
L'inizio non è facile per Terzi (un valido Michele Placido), visto dai ragazzi come in evidente collusione con i carcerieri, quasi una spia; ma poi riesce a scavalcare - a prezzo dell'ostilità del direttore - quel profondo fossato che lo separa da loro, dimostrando di saper scendere sul loro piano con concretezza (si pensi alla gustosa scena in cui legge un sonetto di Belli per esorcizzare la parola "minchia").
L'episodio di Mery è esemplare. Mery, in una delicata scena in cui rivendica con dolce sicurezza la propria femminilità ("Io sarò sempre così, né uomo né donna, né carne né pesce, soltanto Mery, Mery per sempre") trova in Terzi, che pure non ricambia il suo sentimento, chi sa offrigli comprensione e rispetto, suggellati da un bacio sulla bocca.
In prigione perché si è difeso contro un cliente prepotente, Mery trova solo in lui chi lo ascolti: deriso dai suoi familiari, anche in carcere è aggredito verbalmente ed oggetto delle mire sessuali di tanti: è lui il personaggio/simbolo del film, in cui si riassume tutta la brutalità del carcere e della stessa società.