Fantasima, fantasima che a notte te ne vai...

24 febbraio 2013

Strano il destino italiano di questo racconto che, a tutti gli effetti, costituisce una delle principali fonti per tutto il successivo immaginario in tema di vampiri: fino a mezzo secolo fa nemmeno era stato tradotto, e anche dopo ebbe vita piuttosto umbratile; solo di recente ha ottenuto il successo che meritava. Si tratta in effetti d’una storia narrata con una sapienza e una finezza di tocco che la rendono nettamente superiore a gran parte della letteratura orrorifica e gotica in lingua inglese. Tutto vi è giocato sull’ambiguità fra l’attrazione e la repulsione che desta la figura della giovanissima vampira; tutto vi accade con naturalezza, nulla vi compare di gratuitamente spaventevole: neanche l’apparizione della carrozza con la madre di Carmilla e la sua lugubre servitù, neanche i misteriosi languori di Laura, la narratrice. L’eliminazione della vampira è soltanto allusa, come in una tragedia greca, non crudamente rappresentata in diretta; l’erotismo è sottacqueo: pervade la pagina, ma a mo’ di eco, come nota di coda d’una fragranza. E Laura, nel raccontare la sua storia, lo fa col garbo un po’ verboso e un po’ lezioso che ai suoi tempi avrebbe agghindato i discorsi d’ogni signorina britannica beneducata, completando col mimetismo espressivo un’ottima pittura romantica.
Quest’edizione è curata da Fabio Giovannini, traduttore del racconto e autore della prefazione, delle note e delle appendici. Oltre al testo di Le Fanu è presentato integralmente anche il poemetto Christabel, uno dei più famosi di Coleridge, perché vi compaiono parecchi elementi che poi saranno rielaborati in Carmilla. La prefazione ripercorre brevemente le fonti ispiratrici del racconto, le appendici presentano una rassegna di opere teatrali, narrative, musicali, cinematografiche, televisive, fumettistiche tratte da Carmilla o ispirate esplicitamente alla sua protagonista. L’appendice iconografica riporta invece locandine, tavole e disegni dedicati alla donna-vampiro: non mancano copertine dei fumetti con l’insegna dello squaletto bianco, che un tempo abbondavano nelle edicole delle stazioni.
Quanto alle note che corredano il testo, a volte sono utili, molto più spesso pedanti, come quando il curatore si preoccupa, ogni volta che ricorre una menzione a miglia e leghe, di darne l’equivalenza in chilometri, o quando mette in evidenza particolari e temi dei quali ogni lettore minimamente attento che abbia superato di dodici anni si accorgerà benissimo da solo. Meglio queste oneste chiose da antologia delle medie, in ogni caso, della presunzione che traspare da un saggio di tale Bram Dijkstra, pure menzionato in nota, che vede nel rituale di eliminazione di Carmilla “una sadica scena di stupro frammista al rituale di una simbolica castrazione femminile (…) analoga alla clitoridectomia”; vaneggiamenti da femministe della domenica che mi hanno ricordato dappresso la “musicologa” americana convinta di ravvisare un’evidente misoginia nello stile di Beethoven, e addirittura la rappresentazione d’uno stupro nella sua Quinta Sinfonia. Peccato infatti che la trafittura del torace, la decapitazione e il rogo delle membra del vampiro (del resto, procedure ispirate a ciò che si faceva realmente coi cadaveri dei giustiziati per i delitti più infamanti) fossero prescritti come metodi sicuri per eliminare anche i vampiri maschi. A meno che non siano, a mia insaputa, provvisti di clitoride anche costoro.
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