recensione diDaniele Cenci
Colombo selvatico, Il. Un inedito su un amore contadino di Gide [1907]
Gide ha racchiuso in quest'inedito la memoria di un'avventura erotica col figlio di un fattore del Midi, dove soggiornò nel 1907, a 38 anni, nella tenuta dell'amico e "complice" Rouart.
I lamenti di piacere del ragazzo gli parvero simili al tubare di un colombo selvatico: da qui il titolo.
L'incontro rivestirà nell'immaginario del grande scrittore francese un'importanza pari alla prima notte col giovane Mohammed ad Algeri nel 1895, propiziata da Oscar Wilde.
Quell'anno, in Paludi, Gide era già ricorso ad una metafora "pennuta" per stigmatizzare il grigiore della normalità e della rispettabilità borghesi:
"L'uomo normale è [...] il piccione primitivo che si riottiene dall'incrocio di varietà rare - un piccione grigio, le piume colorate sono cadute; non ha più nulla che lo contraddistingua".
Colombo raro sarà, invece, nella sua naturale spontaneità, il diciasettenne Ferdinand: la trama del suo ricordo si dipana come in un classico idillio agreste, e non può non richiamare alla mente l'eden friulano di Pasolini.
Gide, con trepida tenerezza e col sapore di "una rivelazione erotica", racconta gli irrequieti adolescenti della fattoria, la condivisione dei loro divertimenti carichi di ingenua freschezza, il ritorno in due al chiaro di luna, la bicicletta gettata nel fosso, i baci rubati al riparo di un covone: e la stanza, dove, su un enorme letto contadino, la gioia s'accende e si consuma.
La storia occupa una decina di pagine appena: il grosso è costituito da una preziosa serie di contributi di studiosi che, nel situare l'inedito all'interno dell'opera, ritessono il coraggioso, appassionante percorso di accettazione dell'omosessualità da parte di molti intellettuali francesi di punta del primo Novecento, e mettono a fuoco la crucialità del desiderio omoerotico e l'importanza dei rapporti amorosi tra "discordi" di età nella maturazione creativa dello scrittore (la presente edizione ha premessa di Catherine Gide, prefazione di Jean-Claude Perrier, e postfazione di David H. Walker).
Puntuale la traduzione di Piero Gelli, che, col consueto fiuto editoriale, divulga anche in Italia il delicato inedito gidiano; azzeccato il nudo di copertina, il Giovane bagnante sdraiato sul greto di Corot.