recensione diMauro Giori
A Wong Foo, grazie di tutto!
Clone non dichiarato di Priscilla, di cui però non sa replicare né l'umorismo caustico, né le note dolenti.
Qui abbiamo solo tre drag queen (una delle quali si sforza inutilmente di imitare l'impagabile Terence Stamp di Priscilla) armate di una Cadillac, vestiti sgargianti e una sceneggiatura mediocre che perde melassa da ogni pagina, con cui cercano di sconvolgere il più triste, sfigato e stereotipato paesino della provincia americana ridando con la stessa disinvoltura dignità alle casalinghe maltrattate e la parola alle vecchie rimbambite.
Tutto è all'insegna della correttezza politica più inverosimile (il ragazzino si innamora della drag, ma viene lasciato a un più tradizionale amore eterosessuale con la ragazzina del paese) che non concede nessuno spazio al dramma (basta un calcio ben assestato proprio lì per trasformare un maniaco violentatore in un ragazzo di buona famiglia) e riesce insopportabilmente stereotipato (nei temi, nella sceneggiatura e nella recitazione) anche laddove tenta disperatamente di ritagliarsi un minimo impegno (come nel personaggio del poliziotto omofobo, che si lascia intendere sia un omosessuale represso).
Che tre drag queen muscolose possano essere scambiate per tre donne per tutto il film la dice lunga sul livello di sospensione della credulità richiesto allo spettatore, ma anche sul livello mentale assegnato paternalisticamente dal regista ai suoi personaggi provinciali, cui i "diversi" insegnano alla fine una nuova forma di conformismo (dal momento che tutti, senza eccezione, si convertono alla loro causa, alla faccia del dramma).
È uno di quei film che si guardano fino alla fine solo nella convinzione che nessuno possa fare un'opera così disperatamente senza meriti, e che quindi qualcosa di buono prima o poi debba pur accadere. Ma non accade. Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.