recensione diMauro Giori
Nudisti per caso
Quando Sophie, la protagonista del film, arriva con i due bimbi piccoli nella sua nuova casa e scopre che è all'interno di un villaggio nudista, è colta dal panico e sprofonda nell'imbarazzo. Ma avrà ben altro di cui preoccuparsi: i suoi vicini non sono infatti solo naturisti, sono anche ninfomani, esibizionisti, scambisti, voyeurs, ecc. Insomma il villaggio non è solo uno spazio franco in cui girare nudi, ma anche un disinvolto mercato del sesso, sebbene non privo di regole.
Il gioco di Landron è piuttosto evidente: mostrare da un lato la convenzionalità del pudore borghese, incarnato dalla repressa Sophie (mentre il bimbo piccolo sembra avere una certa propensione per il nudismo e non si trova a disagio), e dall'altro la relatività del concetto di diversità, dal momento che in questo contesto è Sophie a essere in minoranza, fuori posto e avversata dai nudisti che mal sopportano il suo girare vestita, considerato vergognoso.
Ma è un gioco, quello del regista, povero di ispirazione, e che appare indeciso nella stessa rappresentazione (molto approssimativa sia a livello di sceneggiatura che di ripresa). Landron infatti alla fine se la prende un po' con tutti. I nudisti sono ritratti come educati ninfomani che hanno perso il contatto con alcuni valori (la vicina bisessuale che cerca in ogni modo di sedurre Sophie alla fine rivela di essere stanca della sua libertà sessuale, cui dice di concedersi solo per compiacere il marito, e sostiene di desiderare un figlio e una normale vita borghese). Mentre dall'altro lato la famigliola di Sophie e Olivier fatica a superare le sue repressioni (o semplicemente ad ammetterle: Olivier infatti è attratto dal nudismo e manifesta una certa propensione voyeurista).
Il finale piuttosto ambiguo conferma tutte le incertezze di un film discutibile, che si è visto sconfessato anche dalle associazioni nudiste francesi che non hanno gradito l'equivalenza naturismo/ninfomania orgiastica.