recensione diMauro Giori
Brothers
Concepita già alla fine degli anni '70, in seguito alla scoperta dell'AIDS Brothers rimase nel cassetto fino alla metà degli anni '80, quando l'avvento delle cable-tv permise un significativo ampliamento dello spettro degli argomenti affrontabili, in virtù della nuova possibilità di differenziazione dell'offerta. Brothers fu la prima sit-com prodotta per la tv via cavo.
Brothers è incentrata su tre fratelli che gestiscono un bar: il minore, Cliff, è gay, anche se ancora un po' indeciso, mentre il maggiore è vagamente omofobo. Del resto il suo annuncio è piuttosto scioccante, dal momento che avviene a ridosso del suo matrimonio ovviamente annullato.
Perché l'omosessuale possa divenire protagonista occorre che non sia troppo manifesta la sua tendenza: e infatti Cliff non ha traccia di effeminatezza, è intelligente, simpatico, atletico, ecc.
L'omosessualità più dirompente, e insieme più stereotipa, può sfogarsi invece in un personaggio secondario, quello di un amico decisamente effeminato, Donald, che nel tempo cresce di importanza fino a divenire fondamentalmente coprotagonista, occupando con facilità lo spazio lasciato aperto dal protagonista troppo anonimo e indeciso per fare presa sul pubblico.
Nel mondo protetto della tv a pagamento si fanno strada quadri inediti di socialità e di affettività gay, con feste, baci, scenate di gelosia, ecc., che fanno di Brothers una serie a suo modo pionieristica, ancorché non indimenticabile e piuttosto discussa.