recensione diMassimo Basili
MW 1
Nella sterminata produzione a fumetti di Osamu Tezuka (1928 -1989), considerato in Giappone un’autentica gloria nazionale e definito non a vanvera “il dio dei manga”, troviamo anche questa singolare miniserie in tre volumi con suggestioni gay.
Apparsa nel 1976, MW affronta con accenti di ferocia le conseguenze nefaste della tecnologia militare sulla vita umana e sull’ecosistema.
MW è la sigla con la quale si identifica un’arma letale stoccata dagli americani in un’isola sperduta al largo di Okinawa negli anni Sessanta.
Un incidente provoca la fuoriuscita del micidiale gas, che uccide tutti gli abitanti dell’isola, tranne i due protagonisti della storia, all’epoca ancora ragazzi.
Dopo anni Iwao e Michio si reincontrano: il primo si è fatto prete per trovare nella fede la forza di andare avanti dopo l’orrore al quale ha assistito; il secondo è uno stimato bancario con la carriera in ascesa. Ma Michio, in realtà, ha un piano segreto per raggiungere il quale uccide, rapisce bambini e stupra ragazze: vuole vendicarsi di tutti quelli che hanno contribuito a nascondere la verità sulla tragedia del passato…
Costruito con sapiente alternanza di dramma e grottesco, MW ricorda talvolta certi romanzi di Patricia Highsmith per come racconta il morboso rapporto di odio e amore che unisce i due protagonisti, calati ora l’uno, ora l’altro nella parte di vittima e di carnefice, e destinati ad annullarsi a vicenda.
L’attrazione tra Michio e Iwao nasce nella violenza e di violenza si nutre per crescere e consumarsi, come monito alla stupidità umana.
MW avvince fino all’ultima pagina: asciutto, spietato, amorale, piacevolmente fuori moda nello stile di disegno e politicamente scorrettissimo per i temi affrontati.