L'impero degli orsi

Intervista a Gengoroh Tagame

18 giugno 2010, ''Pride'' n. 123, settembre 2009

Non richiamerà folle urlanti davanti alle librerie come per l'ultimo romanzo di Harry Potter, certo è che la pubblicazione dei manga di Gengoroh Tagame in versione italiana ad opera della bolognese Black Velvet - tramite la sua etichetta erotica [nu] - è un piccolo, grande evento che farà felici tutti gli appassionati di fumetto gay.

Fino ad oggi lo scarso coraggio degli editori e l'insipienza di una comunità gay poco esigente culturalmente ha perpetuato l'equivoco di identificare i fumetti gay giapponesi con i famigerati boys'love; manga realizzati da donne e rivolti per lo più ad un pubblico femminile, i cui protagonisti sono bei ragazzi efebici impegnati in complessi intrecci amorosi tra di loro, immersi in atmosfere trasognate.

In cosa differiscono, allora, i manga di Gengoroh Tagame? «Non vedo i suoi fumetti in contrapposizione al genere boys' love, quanto piuttosto un completamento nell'ambito di quella che è la forza espressiva dei manga», dichiara il suotraduttore e coordinatore Saburo Murakami. «Tanto più che Tagame ha iniziato proprio disegnando manga per la rivista June, interamente dedicata ai boys' love. Sono due importanti tasselli del complesso mondo erotico giapponese».

I due filoni narrativi non saranno contrapposti, però è certo che le storie di Tagame sono da ascrivere senza dubbio sia all'erotismo che alla pornografia vera e propria. La categoria maschile di riferimento è quella ursina, ma il muscle bear, ovvero l'uomo massiccio, muscoloso e peloso è il protagonista indiscusso dell'intera sua opera.

Siamo molto distanti dai femminei protagonisti dei boys' love, però un punto di contatto tra i due tipi di manga rimane: anche Tagame esplora dal punto di vista gay l'ossessione tutta giapponese per la rappresentazione della sessualità in chiave violenta e sadomasochistica. Quello che nei boys' love viene accennato in maniera edulcorata, esplode invece con fierezza smodata nei manga di Tagame.

Ecco quindi le sue tavole popolarsi di giovani nerboruti e virili che subiscono ogni tipo di dominazione ed umiliazione sessuale, con uso abbondante di catene, torchi, corde, ganci, lame. Non mancano le pratiche più estreme - dal pissing al fist-fucking, dal bondage al fetish - con gran spargimento di sperma, sudore e urina.

«I lavori di Gengoroh Tagame non sono normale esercizio pornografico, ordinario esibizionismo di corpi o narrativa banalmente autoreferenziale» ci spiega Murakami «ma esprimono quelle sottili trame psicologiche che regolano le complesse relazioni sadomasochistiche, senza nascondersi dietro sdolcinature o atteggiamenti politically correct».

È bene ricordare che la cultura scintoista nipponica è aliena dal senso di colpa col quale il cristianesimo affronta la sessualità. Per questo motivo la sua pornografia non ha intenti (solo) masturbatori, ma conserva da sempre funzioni catartiche. Il lettore sublima le proprie reali pulsioni violente attraverso storie di finzione dove non esistono limiti e tutto è permesso: non a caso il Giappone è uno dei paesi con il più basso tasso di reati sessuali al mondo.

Il suo complesso sistema sociale, rigidamente gerarchico, ha inoltre influenzato pesantemente l'immaginario erotico dei suoi cittadini, spesso frequentato da situazioni dove vige l'esercizio del potere violento. Tagame non fa eccezione, ambientando spesso le sue storie tra l'esercito, nei licei, negli spogliatoi delle squadre di rugby...

Quale sarà la reazione del pubblico italiano di fronte ad un tipo di pornografia così estrema? Murakami è convinto che «sarà estremamente positiva. Personalmente apprezzo le storie di Tagame per almeno due motivi, il primo è sicuramente legato all'abilità grafica con cui realizza i fumetti. Il suo tratto ricorda alcuni lavori di grandi maestri dei manga degli anni settanta, se non addirittura i corpi sensuali del Caravaggio o la bellezza scultorea di Michelangelo. Un altro motivo è la forza narrativa che Tagame sa esprimere in storie avvincenti ed estremamente erotiche.

Ritengo che la pubblicazione di fumetti così particolari rappresenti una ventata d'aria nuova nel contesto dell'editoria italiana».

Come mai solo ora i manga di Tagame nel belpaese? Ha a che fare anche con l'arretratezza della nostra comunità omosessuale?

«Forse i tempi erano maturi per farlo conoscere anche in Italia o forse è stata Black Velvet ad essere lungimirante, chissà.

Ma non c'entra la comunità gay: la scelta di Tagame travalica calcoli di "genere": è un bravissimo autore, questo ci interessa, al di là del fatto che sia gay.

Secondo me l'Italia è un paese estremamente conservatore, che da un lato tenta di essere moderno e in un certo senso "provocante", basti vedere le proposte nel campo della moda femminile o del design. Ma dall'altro canto l'Italia è legata a dei valori sociali talmente radicati nella sua storia che difficilmente si possono modificare. Questo è il suo fascino ma anche il suo limite. Non solo la comunità gay, ma l'intera società italiana desidera dei cambiamenti, senza però essere disposta a modificare davvero il proprio stile di vita. La società giapponese non è molto diversa, i giapponesi non amano le trasformazioni sociali troppo rapide, perché possono rovinare gli equilibri sui quali si regge il loro vivere quotidiano»

Come siete riusciti ad avvicinare Tagame al nostro paese?

«Nulla di straordinario. Da qualche anno, assieme ai redattori italiani, avevamo preso contatto con l'autore. È bastato poter contare su una casa editrice come Black Velvet, che non è specializzata in fumetti gay ma ha un'attenzione speciale verso le proposte più "sperimentali". E poi sul supporto competente dello staff editoriale di [nu], da sempre attratto da tutte le manifestazioni dell'eros».

Gli amanti dell'erotismo a fumetti conoscono da anni il lavoro di Gengoroh Tagame, grazie ad un'ampia disponibilità in rete delle sue meravigliose illustrazioni e delle sue eccitanti tavole a fumetti. Si è fatto notare a metà degli anni novanta sulle pagine di pionieristiche riviste gay giapponesi come G-MEN, che univano alla pubblicazione dei manga ampi servizi di attualità e cultura omosessuale. Ma l'interesse di Tagame per l'erotismo viene da più lontano: «Ho disegnato i miei primi nudi maschili all'età di 13 anni. A 18 ho pubblicato il primo fumetto a contenuto gay. Il mio nome d'arte l'ho acquisito quando avevo 22 anni. Sono diventato un artista che vive solo di manga all'età di 30 anni», ci racconta l'autore, che di anni ne ha adesso 45.

«Ci sono tanti artisti che mi interessano e che mi hanno influenzato. Tra quelli gay devo citare Robert Mapplethorpe e Tom of Finland; tra i pittori invece Caravaggio e il giapponese Yoshitoshi Tsukioka (1839-1892), un artista di ukiyo-e (dipinti e stampe, ndr.) particolarmente famoso per i temi sensuali e sadici; poi c'è il Marchese de Sade e il grande disegnatore di manga Osamu Tezuka.

Realizzo manga innanzi tutto per me stesso. Io disegno le immagini che voglio vedere e penso alla storia che vorrei leggere. Se poi qualche persona sente affinità con le mie idee e legge le mie storie, ne sono felice.

Realizzo storie pornografiche perché sento che questo è il mezzo artistico con cui riesco a esprimermi meglio. Non faccio uso della pornografia solo per soddisfare il desiderio di chi legge i miei fumetti, è contrario al mio spirito di artista».

Cosa pensa Gengoroh Tagame del mondo gay giapponese?

«Penso che sia un mondo abbastanza divertente, ma se voglio avere qualcosa di più del semplice divertimento, mi trovo davanti un muro. Gli omosessuali giapponesi vivono senza particolari problemi, ma ancora oggi non riescono a rendere palese la propria sessualità. Si vive ancora nella penombra.

Ero membro del Bear Club Japan, ma non ho mai partecipato alle loro attività. In passato ho preso parte a diversi gay pride, ma gli impegni di lavoro non mi consentono di muovermi facilmente.

In Giappone non ci sono particolari atteggiamenti omofobici né nella società né da parte governativa, ma i diritti degli omosessuali non sono salvaguardati. Nessuno viene discriminato perché omosessuale, ma è anche vero che molti gay giapponesi non manifestano apertamente la propria sessualità. Quindi, rimanendo nascosti, non esiste neppure un movimento che chieda dei diritti sociali particolari per i gay. Il risultato è che anche se in Giappone ci sono molti omosessuali, nella vita sociale il gay è come se non esistesse. Devo aggiungere che un tempo l'omosessualità era accettata normalmente dalla società giapponese, a differenza di quanto accade da sempre nella cultura occidentale che ha come retroterra culturale i tabù religiosi.

In Giappone, ancora oggi, a parte sporadici casi, non esistono situazioni di intolleranza che sfociano in discriminazione e in crimini nei confronti degli omosessuali.

Forse proprio perché non c'è una particolare repressione, gli omosessuali non sentono il bisogno di unirsi per difendere la propria identità e i propri diritti. Anche vivendo nascosti, non ci sono particolari problemi. Questa è la libertà del gay giapponese, ma allo stesso tempo ne è il suo limite».

Ha in progetto dei manga prodotti appositamente per il pubblico occidentale?

«Non ho progetti in questo senso. Sono felice del fatto che le mie opere siano tradotte per permettere a sempre più persone di conoscerle».

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