La magnifica merce

Intervista a Walter Siti

31 dicembre 2004, "Pride", n. 66, dicembre 2004

Mentre aspettiamo il terzo romanzo della trilogia iniziata nel 1994 con Scuola di nudo, Walter Siti pubblica un volume di racconti che sembra spostare in parte il suo interesse narrativo (La magnifica merce). In primo piano c’è ancora l’ossessione della bellezza maschile, ma cambia il punto di vista, articolato su più piani e in qualche modo allontanato dal sé autobiografico. Diversa è anche la lingua, sempre caratterizzata da una forma di plurilinguismo di grande efficacia, ma qui tutta orientata verso un espressionismo dialettale romanesco.

Alla base dei racconti c’è il mondo degli escort, un mercato in espansione tanto che la maggior imprenditrice del settore, secondo le stime di Walter Siti, ha un giro d’affari di circa trentacinque miliardi l’anno (di vecchie lire). Si tratta di una merce di lusso, fatta di pettorali, deltoidi e quadricipiti, uomini dal fisico perfetto, che sembrano consapevoli e soddisfatti di essere appunto una magnifica merce.

Il primo racconto, Perché io volavo, il più lungo e il più bello, mette in scena i colloqui tra un “selezionatore”, che ha il compito di scegliere un ragazzo per un uomo politico che non osa esporsi personalmente, e l’aspirante escort. Dietro il fisico erculeo e la perfezione di muscoli, appare a poco a poco una personalità complessa dalla incerta identità sessuale e caratterizzata da una fragilità e da una passività disarmanti tanto che in uno dei suoi resoconti il “selezionatore” annota: “Vien voglia di regalargli qualunque cosa per vederlo sorridere; il che può far saltare il meccanismo commerciale”. E infatti il meccanismo commerciale salterà facendo prendere alla vicenda un percorso imprevedibile. Il racconto, a più livelli, si conclude con delle appendici, tra cui un “decalogo del perfetto escort” e delle fotografie fuori testo che sembrano voler mostrare, anche con l’immagine, quel mistero e quella ossessione della bellezza maschile che le parole possono solo suggerire.

Anche i due racconti che seguono, Le mosse di Farhan e Storia di un bodyguard hanno come protagonisti giovani culturisti. Farhan è un tunisino, vita strettissima e sedere alto, che suscita le ambigue gelosie di un frequentatore della palestra dove il giovane immigrato tiene in esercizio il suo corpo di sollevatore di pesi e il bodyguard è un ex prostituto, omofobo e violento, che approda, dopo romanzesche traversie, ad una apparente normalità.

L’ultimo è il racconto dell’incontro di Pier Paolo Pasolini col fotografo Dino Pedriali e delle scandalose foto scattate allo scrittore poco prima del suo assassinio. All’ossessione del corpo si aggiunge qui un’altra ossessione, il confronto con Pasolini, su cui Siti ha lavorato per anni curando le sue opere per i Meridiani Mondadori.

Costruiti con grande perizia letteraria e con uno straordinario “effetto di realtà”, i racconti costringono il lettore a confrontarsi con un mondo difficile e complesso dove sono in gioco piacere, seduzione, denaro, potere e dove non sempre la verità è ciò che appare. Pride ne ha parlato con l’autore.


Questi racconti, quando aspettavamo il tuo terzo romanzo, sono un po’ una sorpresa. Come nascono e come si inseriscono nella tua narrativa?

I due più antichi in ordine di tempo, cioè Le mosse di Farhan (che è del 2000) e Storia di un body-guard (del 2001) li avevo scritti pensando di trapiantarli nel nuovo romanzo, quello che uscirà l’anno prossimo e che si intitola Troppi paradisi. Quando ci ho provato, però, ho constatato che ci sarebbe stato rigetto. Nel frattempo, avevo scritto anche il racconto su Pasolini, come conclusione e sberleffo dei “Meridiani”. Ma questi racconti sparsi non sarebbero mai diventati un libro, se non ci fosse stato il miracolo di Perché io volavo: mi si è scritto quasi da solo nell’estate del 2003, per pura necessità di non ammazzarmi. Ho imparato, credo, ad ascoltare, più di quanto avessi mai fatto prima. E ad amare a fondo perduto. Così ho intuito che ci poteva essere la spina dorsale del libro, e che poteva rappresentare una svolta rispetto ai libri precedenti. Un ridimensionamento dell’io, direi; un attraversamento a piedi della sofferenza, provando a non darle più importanza di un brufolo, se serve per capire.


Il racconto è seguito da una appendice fotografica. Perché? E’ una esigenza legata a questo tipo di scrittura o una specie di inadeguatezza della parola?


Né l’uno né l’altro: da una parte, è il ‘residuo di lavorazione’ della mia sorpresa per le possibilità deittiche della parola teatrale, che sperimentavo lì per la prima volta; la parola teatrale, voglio dire, è per eccellenza una parola che mostra, e quindi ha un sotterraneo legame con la fotografia. Dall’altra parte è l’emergenza, o se vuoi la realizzazione, di un mio sogno di sempre: di scrivere un testo che, per compattezza e spessori di desiderio, sia l’analogo di un bel nudo maschile.


Si può dire che i protagonisti dei tuoi racconti rappresentano una evoluzione dei “ragazzi di vita” pasoliniani?


No, gli escort col corpo da culturista sono piuttosto la negazione e il rovesciamento dei ‘ragazzi di vita’; quelli erano visti come dei “selvaggi nel cuore della società”, naturali come le rondini o i fiori; gli escort di oggi esibiscono un corpo artificiale, costruito dalle macchine e dalle sostanze chimiche. E più che vendere il loro sesso, vendono la loro grafica, il loro ‘logo’. Hanno seguito anche loro l’evoluzione delle merci nel mondo del consumismo avanzato: delle merci non conta quasi più il valore d’uso, conta soprattutto lo ‘stile di vita’ che promettono e suggeriscono. Non per nulla il ‘selezionatore’ del primo racconto sogna di essersi innamorato di un paio di scarpe Nike. La sola cosa che collega gli escort di oggi ai ‘ragazzi di vita’ di allora è forse il tasso (elevato) di nevrosi.


“Gli omosessuali non sono come noi, a loro la vita gli fa orrore e hanno bisogno di sfogarsi con le porcherie per dimenticarla; non ne hanno mai abbastanza”, dice il protagonista di un tuo racconto. C’è veramente, secondo te, nel mondo della prostituzione maschile, tanto disprezzo per gli omosessuali? La domanda ti sembrerà ingenua, ma in tal caso quanto masochismo c’è negli omosessuali che li frequentano?


Non si può generalizzare: ci sono molti escort che disprezzano, per una forma elementare di difesa, i ‘froci’ con cui si accompagnano; ma ci sono anche molti escort che si affezionano ai loro clienti, ne fanno un punto di riferimento importante per la loro vita. Spesso sono ragazzi fragili, indifesi. Marcello per esempio, il protagonista di Perché io volavo, è un uomo profondamente buono, di una purezza quasi insostenibile. Un fenomeno nuovo, almeno in Italia, è poi quello degli escort culturisti che hanno accettato in pieno la propria omosessualità, che spesso sono addirittura omosessuali ‘militanti’: in loro, credo, non c’è nessun disprezzo, ma una cauta simpatia commerciale. C’è sempre un po’ di masochismo, mi pare, nel chiedere amore a chi è disposto a darti solo sesso: ma meglio essere masochisti che cinici.

Nel rapporto tra un escort e un suo cliente, dove sta il potere secondo te?


Dalla parte del cliente, è ovvio: anche se è vero che, soprattutto nel caso di questi escort ‘da esposizione’, il cliente è un ossessivo, un adoratore, uno per cui il rapporto mercenario tende ad assomigliare a una preghiera. Spesso si instaura un rapporto di reciproca schiavitù. Ma si avrebbe torto, ho l’impressione, a considerare i rapporti mercenari come gli unici inquinati dal potere, mentre la passione, quando c’è, purifica e spazza via tutto; anzi, la microfisica del potere ‘in vitro’, quale può essere analizzata nella prostituzione, spesso aiuta a comprendere quegli altri più micidiali rapporti di potere che si annidano nella passione.


Nell’ultimo racconto mentre sono esplicitati i nomi di personaggi che sono sullo sfondo (Dacia Maraini, Danilo Donati), dei protagonisti non si fa il nome, ma si capisce subito che si tratta di Pier Paolo Pasolini e del fotografo Dino Pedriali. Quale è stato il tuo rapporto con loro?


I ‘nomi veri’ che stanno sullo sfondo sono, come nel resto del libro, puramente segnaletici. Il Danilo Donati reale, per esempio, non c’entra niente con questa storia. Pasolini per me è stato prima un’infezione da cui guarire, poi un modello da sfidare, poi un coraggio da invidiare e un talento da commentare: più intimamente, un confronto luminoso e molesto da cui non mi sono ancora liberato. Pedriali lo conosco poco: è un ‘fratello in Pasolini’, un fotografo notevole, un uomo difficile perso in percorsi personali e rispettabilissimi.




Walter Siti

Walter Siti, originario di Modena dove è nato nel 1947, vive a Roma.

E’ ordinario di Letteratura italiana contemporanea all’Università dell’Aquila.

E’ il curatore per i Meridiani Mondadori delle opere complete di Pier Paolo Pasolini , del quale aveva già curato per Einaudi Le ceneri di Gramsci (1981) e Storie della città di Dio (1995). Tra le altre sue opere di critica si segnalano l’antologia Nuovi poeti italiani 3 (Einaudi 1984) e i saggi Il realismo dell’avanguardia (Einaudi 1975), Il neorealismo nella poesia italiana (Einaudi 1984).

Siti è anche autore di due romanzi Scuola di nudo e Un dolore normale, pubblicati entrambi da Einaudi, il primo nel 1994, il secondo nel 1999. Il terzo romanzo che dovrebbe concludere la trilogia, Troppi paradisi, è annunciato per il prossimo anno.

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