Un kebab al sole

10 aprile 2013

“Mixed Kebab” è un film tremendo e inspiegabilmente inconcludente.

Sembra partire bene: Ibrahim (Cem Akkanat) si presenta subito come “musulmano e gay”, la famiglia l’ha promesso in sposo a una cugina turca ma lui vuole ardentemente scambiare fluidi corporei con Kevin (Simon Van Buyten), il biondo cuciniere belga del bar del quartiere. Deve partire per Istanbul per definire l’accordo matrimoniale, ma lui non ne vuole sapere e si porta Kevin con sé per un po’ di supporto morale.

Purtroppo, il film si arena subito dopo: alla terza soggettiva in venti minuti sulle (pur incolpevoli) chiappe di Kevin, per giunta al rallentatore, ormai è chiaro che ci troviamo nel territorio del “MA PERCHÉ?!”. Tutte le occasioni che avrebbero potuto costituire un momento anche solo vagamente comico sono trattate con una seriosità e una mancanza di originalità che a confronto gli sceneggiatori di “Un Posto Al Sole” sembrano Tennessee Williams: una per tutte, l’incontro del protagonista con la promessa sposa – che termina con un ridicolo tentativo di stupro ai danni di lei e con un poco credibile ricatto ai danni di lui (dopo essere stato prudente fino al parossismo in Belgio, Ibrahim si zompa Kevin appena sbarcato in Turchia e pure lasciando aperta la porta della camera d’albergo). Inutile dirlo, il drammone di Ibrahim incede con passo oltremodo solenne mentre lo spettatore continua a chiedersi il motivo di tanta gravitas. C'è da dire che, perlomeno, nessuno dei due personaggi omosessuali muore alla fine – ma è solo per puro caso.

Se lo scopo era mostrare la medievalità della famiglia di Ibrahim e, in senso lato, la violenza repressiva del mondo islamico nei confronti dell’omosessualità e della carne di maiale, il film lo fa con poca efficacia: tutto si risolve in una scialba riunione a tavola e in quattro vasetti di Simmenthal buttati per terra. Se lo scopo era far passare il messaggio che “in fondo siamo tutti figli dello stesso Allah”, il film crede di riuscirci ma in realtà sembra la famigerata campagna anti-omofobia della Carfagna (quella che “sei pur sempre un finocchio, ma posso fingere di dimenticarmene per dieci minuti se mi salvi la vita operandomi a cuore aperto”). La scena finale è in linea col resto del film: ancora non si riesce a capire dove voglia andare a parare. “Mixed Kebab” voleva forse essere un erede di “My Beautiful Laundrette”, ma è inferiore persino a “Tempesta D’Amore”.

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