Nell'anno successivo alla morte di Yves Saint Laurent, Pierre Bergé, che per molti anni ne fu il compagno, ha scritto questi ricordi sotto forma di lettere indirizzate al defunto stilista. Non si tratta di memorie agiografiche o edulcorate: n'emergono spesso anche tratti sgradevoli del carattere di Yves Saint Laurent, quali la sua dipendenza dalle droghe o all'alcol, l'indole chiusa e scostante, il pessimismo, l'egocentrismo; sono proprio gli accenni ricorrenti a tali difetti, però, a fare viepiù risaltare l'amore di Bergé per il genio della moda francese: anche nei momenti in cui il distacco fisico, il tradimento, la mancanza di esplicita intimità sembravano sottintendere il tramonto d'un rapporto, l'amore, sotto la cenere, brillava intatto; e dopo la morte rivive in queste pagine, avvampando di volta in volta rievocato da una musica, da un dipinto, dal ripercorrere il celebre appartamento di Rue Babylone ormai vuoto e spoglio dai suoi belli arredi messi all'asta, o gli adorati giardini di Marrakech rigogliosi di frutti, di fiori e d'acque, o le vie di città conosciute già insieme. Perfino un cigno di porcellana, umile paccottiglia per turisti spacciata nei castelli bavaresi del mitico Ludwig, può diventare una madeleine proustiana. Il tono è sommesso ed elegiaco: mai però sdolcinato. Pierre Bergé è un uomo di carattere fermo, come dimostra la sua scrittura commossa ma sorvegliata. Fa impressione perciò notare come fra le righe persino un uomo come lui, del tutto privo di sentimento religioso e di fiducia in un'esistenza oltre la morte, sembri sperare che il suo compagno in qualche modo lo senta. L'amore ci fa ritrovare chi non è più tra noi perfino nelle piccole cose della vita quotidiana, e ci fa desiderare, a dispetto di qualsiasi argomentazione, di ritrovarci da qualche parte insieme, non come fummo un tempo, in mezzo ad errori, malintesi e inciampi, ma come avremmo voluto, finalmente liberi e sereni.