recensione diStefano Bolognini
Il gene dell'omosessualità è utile?
Helena Cronin, in un vasto testo che prende le mosse dalla selezione sessuale e dall'altruismo nel mondo animale per raccontare la rivoluzione darwiniana, getta, in un breve passo, uno spiraglio di luce sugli studi biologici dell'eziologia dell'omosessualità.
In Italia non esiste, oggi, alcun contributo o dibattito sull'argomento.
Riporto interamente il brano a p. 378:
Consideriamo lo sconcertante comportamento evoluzionistico dell'omosessualità. Esso potrebbe essere un adattamento, come hanno suggerito alcuni autori (per es. Trives, R.L., Parent-offspring Conflict, in "American Zoologist", 14, 1974, p. 261; Wilson, E. O., Sociobiologia: la nuova sintesi, Zanichelli, Bologna 1979,pp. 561-562; Wilson, E. O., On Human nature, Harvard University Press, Cambridge 1978, pp. 142-147), o una patologia, come ha sostenuto da molto tempo la maggior parte degli esponenti della professione medica.
Ma (secondo Ridley, Mark e Dawkins, Richard, The natural selection of altruism, in Rushton, J.P. e Solentino, R.M. (a cura di), Altruism and helping behavoir, Lawrence Erlbaum, Hillsdale, New Jersey 1981, pp. 32-33), se esistono "geni dell'omosessualità", potrebbero essere geni che, nel nostro ambiente pleistocenico - che differiva dal nostro mondo moderno sotto alcuni aspetti cruciali (come per esempio il fatto di dormire sempre con i genitori e mai da soli) - dovettero esprimersi in modo del tutto diverso, forse come una capacità utile di percepire l'odore della preda o di arrampicarsi rapidamente su alti alberi. Non si devono ovviamente prendere sul serio i particolari di questo esempio fantasioso, mentre va preso sul serio il modello di come dobbiamo concepire l'espressione fenotipica".