recensione diMassimo Basili
Berlin
Primo di una programmata serie di tre volumi dalle complessive seicento pagine, Berlin rappresenta un tentativo rimarchevole di romanzo storico a fumetti. Una specie di Heimat (la sterminata epopea cinematografica che racconta la storia della Germania dal 1919 ai giorni nostri) realizzato con mezzi più economici, certo non meno efficaci. A differenza della saga di Reitz, l’americano Jason Lutes si è concentrato, almeno in questo primo libro, nel periodo 1928-1929, raccontando le storie parallele di alcuni personaggi che vivono nella Berlino dell’effimera e tormentata repubblica di Weimar, attraversata da profondi conflitti sociali e politici benché fosse nel pieno di un vivacissimo risveglio culturale e artistico. Ci vengono così presentati un giornalista idealista, un’ingenua studentessa di belle arti, una famiglia di fornai ebrei, una mamma affascinata dalla propaganda comunista, e poi poliziotti stanchi, nazisti spacconi, comunisti in sciopero…
Tra questi c’è anche un personaggio lesbico: è Anna, compagna di scuola della studentessa Marthe, innamorata in segreto di lei e in cerca di distrazioni con altre donne per poterla dimenticare - lei non ricambia. La vicenda di Marthe si insinua dolcemente nella Storia più grande, insieme alle altre: Lutes è bravo a non sentenziare, a lasciar parlare i suoi protagonisti attraverso dialoghi di notevole naturalismo, ma anche gesti, ricordi dolorosi (la prima guerra mondiale è una ferita ancora aperta), sguardi, silenzi. E “parla” anche la città, comprimaria di tutto rispetto, con lo sferragliare dei tram, il chiasso dei locali da ballo, la poesia di una nevicata notturna. Il poderoso affresco è frutto di una documentazione storica impressionante, sintetizzata da una sceneggiatura generosa che a volte però "s’incarta", e da un disegno in bianco e nero nitido ma un po’ legnoso, affaticato soprattutto nella resa dei visi dei personaggi, spesso poco riconoscibili. Un libro comunque da non perdere.
Segnalo altri due volumi Coconino, non strettamente gay ma di notevole valore: Blankets, autobiografia di Craig Thompson, e Paul ha un lavoro estivo, di Michel Rabagliati, accomunati entrambi dal tema del racconto di formazione di un ragazzo canadese dei nostri giorni.