recensione diMauro Giori
The West Wing
Da noi non sta ottenendo lo stesso successo che l'ha accolta in patria, dove è già arrivata all'ottava stagione. Forse perché The West Wing è troppo collegata con l'attualità e il sistema politico e legislativo americani perché possa avere la stessa presa sul nostro pubblico. Si potrebbe anche sottolineare qualche limite a livello drammatico e nella concezione dei personaggi, soprattutto dell'ennesimo presidente degli Stati Uniti interpretato da Martin Sheen, intelligente, brillante, saggio, moderato, progressista, buono, umano. Insomma, tutto il contrario di Bush.
Ogni puntata ruota intorno a due o tre intrecci che vengono seguiti in alternanza. Nella puntata della seconda stagione "Viaggio notturno" ("The Portland Trip", 2000), uno di questi intrecci riguarda una proposta di legge per bandire i matrimoni gay. Un assistente del presidente, Josh, cerca invano per tutta la puntata di convincere un membro del congresso, gay e conservatore, a non sostenerla. Josh ritiene che la legge dovrebbe andare oltre l'opinione pubblica (che, ricorda, si era opposta anche ai matrimoni misti), il gay conservatore sostiene che al contrario deve rispecchiarne i valori e le convinzioni. Josh alla fine chiede come si possa essere ad un tempo gay e di destra (come dargli torto...), e il suo interlocutore se ne esce con la solita tirata che la sua vita non è solo né soprattutto l'omosessualità. Josh non replica, ma non appare troppo convinto, lo spettatore lo è anche meno, e alla fine il presidente, che vorrebbe affondare la legge, viene convinto dal suo staff a optare per una scelta più moderata e meno compromettente: nasconderla in un cassetto e fare finta di nulla, in modo che cada da sé e la questione sia riproposta di lì a qualche mese.