Mangia, bestemmia, ama

28 aprile 2013

Molti ricorderanno Roseanne Barr in "She-Devil", pregevolissimo film in cui rovinava la vita di una più che mai odiosa e magra Meryl Streep. I gusvansantologi potrebbero ricordare la sua particina in "Even Cowgirls Get The Blues", facendo un piccolo sforzo. I più esperti avranno visto le sue sitcom e ricorderanno anche quella volta che uccise l'inno statunitense in diretta televisiva, coperta di fischi da un branco di neanderthaliani oltremodo patriottici: al termine della dissacrante esecuzione, tanto per chiarire, salutò i tifosi grattandosi le pudenda e sputando per terra. L'anno scorso si è pure candidata alle elezioni politiche: Obama l'ha spuntata per appena una sessantina di milioni di voti.

Verace, crassa e orgogliosamente lunatica, Roseanne ha deciso di abbandonare Los Angeles nel 2007 per trasferirsi in una fattoria alle Hawaii, con l'intento di lasciarsi alle spalle ansia e frenesia. Per fortuna, però, ha conservato un (bel) po' di entrambe per questo reality show – il cui titolo ha una triplice valenza: [1] Roseanne è effettivamente pazza; [2] parlando di noci metaforiche, il suo compagno ammette: "Sono abbastanza in pace con le mie pretese di virilità da permettermi di essere la donna, in questa relazione"; [3] parlando di frutta secca vera e propria, i due producono noci macadamia sul terreno della fattoria.

Lo show è divertente per moltissimi motivi: con la consueta verve irriverente, Roseanne si prende gioco di più o meno qualsiasi cosa.

La famiglia, in primis: con tre mariti e cinque figli alle spalle, un fratello gay e una sorella lesbica, una madre sbroccata – senza contare il partner attuale e varie comparse – la famiglia di Roseanne è un'allegra alternativa al Mulino Bianco.

La religione è il bersaglio prediletto del compagno, ma anche Roseanne viene coinvolta in un ridicolo tentativo di esorcismo da una santona locale che si propone come tramite per l'allontanamento dei suoi demoni... e li espelle a suon di rutti cavernosi.

In un episodio Roseanne dimostra anche di saper cantare "The Star-Spangled Banner", se l'occasione è civile e se il QI del pubblico supera la soglia della normalità. Poi ci sono la marijuana a scopo curativo e/o ricreativo, musei infestati da fantasmi, sbalzi umorali a tonnellate. Notevole la comparsa di Phyllis Diller e Sandra Bernhard, con le quali Roseanne si ubriaca.

L'episodio 13 ("Homecoming Parade") è interamente dedicato all'omosessualità: Roseanne fa ritorno a Salt Lake City, sua città natale, e accompagna il fratello Ben alle celebrazioni legate al Pride. C'è un breve incipit in cui i due percorrono le vie della città, cercando i luoghi della loro infanzia e ripensando alle difficoltà di crescere ebrei, gay e/o grassi in una città di mormoni impomatati. Poi Ben, una vera autorità in campo medico nello Utah, viene insignito di un premio per l'indefessa attenzione dedicata ai pazienti sieropositivi e affetti da AIDS – oltre che per il suo coraggio (fece coming out ai tempi in cui al Pride dello Utah partecipavano cinque persone). Roseanne è anche "Grand Marshal" della manifestazione, il che significa che spetta a lei fare il discorso finale di rito: inutile dirlo, tocca tutti i punti che deve toccare e risulta persino commovente quando parla delle violenze subite dal fratello.

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