Procedura ossessiva

11 dicembre 2005

Girato per la televisione nel 1978 da un Carpenter ancora poco conosciuto (quello stesso anno il successo di Halloween lo avrebbe imposto all'attenzione internazionale), Procedura ossessiva (inutile cercare di dare un senso al titolo italiano) è un esercizio di suspense dalla regia insolitamente curata, trattandosi di un prodotto televisivo, anche se i mezzi limitati appesantiscono un tantino il tutto, soprattutto nelle scene che richiederebbero un'interprete degna di questo nome.

Il modello, dichiarato fin dai titoli di testa che citano quelli di Intrigo internazionale, è ovviamente rappresentato da Alfred Hitchcock, e in particolare da La finestra sul cortile. Tuttavia il film gioca la sua tensione su un piano piuttosto diverso e più semplice, quello della ripetizione ossessiva e della persecuzione psicologica. Carpenter è visibilmente più a suo agio con la claustrofobia e la perturbazione dello spazio quotidiano (e urbano) messo sotto assedio, sicché da rifugio rassicurante si trasforma in trappola (motivo ricorrente del suo cinema fin da Distretto 13), che con i parallelismi intellettuali tra voyeurismo e televisione/cinema, che paiono semplici omaggi alla moda del momento (in quegli anni Brian De Palma andava facendo variazioni di altro livello sul cinema hitchcockiano).


Appena arrivata a Los Angeles, l'eroina trova amicizia e sostegno in una collega, Sophie, che le rivela subito senza complessi di essere lesbica. Alcuni suoi tratti hanno l'aria di essere pure concessioni allo stereotipo (come certe vacue dichiarazioni femministe), ma il personaggio è tratteggiato con semplicità e assoluta naturalezza, tanto da riuscire piuttosto avanti sui tempi, soprattutto considerato che si tratta di un film per la televisione. Inoltre si lascia intuire che, come la protagonista è reduce da un amore esaurito, così anche Sophie sta affrontando la fine di una relazione: un modo elementare ma efficace per stabilire una assoluta parità tra amore eterosessuale e omosessuale.

L'unica battuta che stona un po' è quella con cui chiede alla sua interlocutrice se la sua "tendenza" la disturba, ma in effetti sembra non disturbare nessuno dei personaggi che interagiscono con lei.

Unica concessione alla lunga tradizione omofoba di Hollywood è il fatto che Sophie è non solo la prima, ma anche l'unica a cadere vittima dell'assassino (anche se sappiamo che ha già ucciso altre persone). Può consolare solo il fatto che muoia eroicamente mentre sta aiutando la protagonista.


Sophie è interpretata da Adrienne Barbeau, che aveva iniziato a lavorare in tv qualche anno prima nella serie Maude e che lo stesso Carpenter farà esordire al cinema un paio d'anni dopo con Fog, senza per altro portarle grande fortuna.

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