La difficoltà di crescere gay in una famiglia "folle" degli anni '70

10 settembre 2006

Apprezzato dalla critica e dal pubblico, C.R.A.Z.Y. è tutto incentrato su una famiglia canadese (padre, madre, e cinque figli, le cui iniziali sono appunto c, r, a, z, y) degli anni ‘60/’70, proletaria e piena di problemi.

Ognuno ha il suo modo per consolarsi, tirare avanti e sopravvivere alla follia complessiva della popolosa famiglia: la madre si convince che il penultimo arrivato, Zac, sia stato benedetto dal Signore, in quanto nato il giorno di Natale, e abbia il potere di guarire le ustioni dei parenti; il padre ascolta Charles Aznavour e Patsy Cline; Zac ascolta David Bowie, i Pink Floyd e i Rolling Stones, e ripudia presto la religione; il fratello maggiore si droga e mangia toast stirati con il ferro; dei figli intermedi uno si palestra e l'altro sviluppa una compulsione per la lettura; il minore è abbastanza piccolo da potersi permettere di stare semplicemente a guardare.


In più, i genitori si dividono i compiti: la mamma cura la casa, il papà porta a casa i soldi e vigila sulla virilità dei figli. Zac lo preoccupa: quando per Natale chiede una carrozzina, manifestando precoci istinti materni, scatta l’allarme, e i timori sono presto confermati quando lo trova con addosso abiti e gioielli della mamma ad accudire l’ultimo arrivato. Col tempo le cose sembrano sistemarsi. Ma Zac ha un grande amore da investire, e non sa a chi offrirlo: la madre è troppo presa dalla casa e dal suo misticismo, il padre troppo rude, i fratelli maggiori lo ignorano o lo disprezzano. E lui non vuole dispiacere a nessuno: asseconda la madre e le sue convinzioni circa i poteri di guarigione; non vuole deludere il padre e finisce col nutrire dentro di sé una strisciante omofobia; cerca di tenere le porte aperte per ricostruire il rapporto con i fratelli. Ma la situazione è troppo complicata: quando è oggetto della corte tanto di una ragazza sua vicina quanto di un compagno di scuola, finisce col deludere la prima e col farsi beccare dal padre insieme al secondo. E siamo solo a metà film.


Di carne al fuoco il regista Vallée ne mette tanta, fin troppa: con l’ambizione di fare un trattatello in forma leggera sulla società dell’epoca, ci mette sesso, droga e musica, problemi normali dell’adolescenza e problemi speciali dell’adolescenza, come appunto nel caso di Zac, il cui rapporto con i complessi di maschilità del padre e con la propria omosessualità non accettata sarebbe bastato da solo per più di un film, visto che il regista vuole affrontarlo a trecentosessanta gradi, dal rapporto con i genitori e quello con gli amici, dalla prima seduzione alle prime esperienze, dal rapporto tra omofobia e omosessualità all’accettazione di sé, dalla terapia alla religione, dalla cacciata di casa alle voci dei conoscenti, dagli insulti ai pestaggi. E altro ancora.

Così il regista da un lato si trova a stiracchiare il film allungandolo oltre il necessario e rendendolo ripetitivo nella seconda parte, e dall’altro a dover abbandonare alcuni dei membri di questa ennesima famiglia disfunzionale a un macchiettismo appena abbozzato. In compenso i personaggi esibiscono sempre qualche sana ambiguità, soprattutto quello di Zac che, anche se mostra tratti risaputi, è credibile e piuttosto complesso. Ciò consente al suo “romanzo di formazione”, sospeso tra dramma e commedia, realismo e visionarietà, di non banalizzarsi troppo (salvo forse nel superfluo viaggio a Gerusalemme) e di lasciare la conclusione in sospeso, senza facili risoluzioni finali. Così come abbastanza sospeso rimane il rapporto di Zac con la propria omosessualità e la propria omofobia.


Un film complessivamente interessante e con qualche buon momento di regia, anche se nell’insieme sembra un Araki rimesso in ordine e ripulito per l’intrattenimento famigliare, senza nulla che possa urtare troppo la sensibilità media.

Da un film di Araki sembra uscire anche Marc-André Grondin, l’interprete di Zac, che pare un incrocio tra James Duval (attore feticcio di Araki) e un giovanissimo Helmut Berger (attore feticcio di Visconti).

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