recensione di Mauro Giori
In simplicitate cordis
Boyfriends è la dimostrazione, che tutti i registi gay impegnati ad alimentare festival a tematica dovrebbero tenere presente, che fare un film a basso, anzi bassissimo costo non comporta l’inevitabile conseguenza di fare un film inguardabile, e che la mancanza di soldi è cosa diversa dalla mancanza di professionalità, di personalità e di gusto. Ragione per la quale una cosa non giustifica l’altra.
Boyfriends è un film indubbiamente spartano e senza fronzoli, ma centra il suo piccolo obiettivo nel raccontare con intelligenza pregi e difetti (soprattutto difetti) del rapporto di coppia sezionando tre relazioni diversamente problematiche: quella di Paul con Ben, avvelenata da nevrotiche insoddisfazioni dopo anni di affiatamento; quella di Matt con Owen, pura illusione fondata su un amore cieco di fronte alla genetica infedeltà di un compagno conosciuto solo poche settimane prima; quella di Will con Adam, quarantenne in precoce crisi di mezza età che spera di avere un’occasione con un ventenne, la cui sola ambizione è però quella di lasciare i propri ormoni liberi di sfogarsi, portandosi appresso il resto della sua persona. Tutti si ritrovano col più vecchio dei pretesti (un fine settimana da trascorrere insieme in campagna), ma le sorprese non mancano.
A brevi tratti il film è divertente, ma è soprattutto malinconico e nostalgico, talora toccante, vuoi per il suo sguardo disilluso, vuoi per l’aria calvinista che si respira nell’essenzialità della messinscena, tanto che un certo senso di claustrofobia invade anche gli spazi aperti, le scene ambientate nel bosco o sulla spiaggia.
Semplice, con un obiettivo circoscritto perseguito con coerenza, consapevole dei propri limiti: tre aspetti aurei che chiunque voglia girare un film con mezzi evidentemente contenuti dovrebbe fare propri.