Travelin' Thru

29 gennaio 2012

Dolly Parton è un'istituzione indiscussa nell'ambito della musica country, nonostante i suoi singoli non entrino in classifica da ormai vent'anni e sia praticamente ignota al di fuori dei confini statunitensi. Eppure è una raffinatissima cantautrice, autrice di alcune delle canzoni più celebri dell'ultimo mezzo secolo - su tutte "I Will Always Love You", spesso erroneamente attribuita a Whitney Houston (che la ripropose, senza la misurata finezza dell'originale, per una pellicola di quart'ordine di cui era protagonista).


La Parton scrisse "Travelin' Thru" per la colonna sonora di "Transamerica", storia di una donna transgender (Bree, interpretata da Felicity Huffman) che riscopre gli affetti familiari e prende piena coscienza di sé, in attesa della vaginoplastica che sogna da lungo tempo. La canzone si configura come una vera e propria preghiera, che la donna rivolge direttamente ai vertici esecutivi delle gerarchie celesti cristiane. In un paio di versi, è persino citato il vecchio spiritual "The Poor Wayfaring Stranger" - il cui testo narra del dolore necessario per giungere alla redenzione.


Il dio della Parton non è il bullo spargi-piaghe dei neocon, anzi è talmente benevolo che diventa la guida di cui la donna ha bisogno nel suo travagliato cammino verso l'operazione chirurgica. In modo piuttosto prevedibile, ma non per questo inefficace, alla figura di Cristo crocifisso è subito accostata quella di Bree: "we've all been crucified/ and they nailed Jesus to the tree/ and when I'm born again/ you're gonna see a change in me", canta la Parton. Proseguendo sulla linea della metafora religiosa, la sofferenza è il punto di approdo quasi inevitabile: "redemption comes in many shapes/ with many kinds of pain".


"Transamerica" si poggia, del resto, su una metafora altrettanto evidente: il viaggio di Bree non è soltanto uno spostamento fisico, come in larghissima parte dei road movie. Il pellegrinaggio potrebbe essere eterno, avvisa il testo, e "questions I have many/ answers but a few": tuttavia, la forza di continuare viene dalla certezza che "God made me for a reason/ and nothing is in vain".

Chi ha presente la fisionomia di Dolly Parton, poi, coglierà anche la sottile autoironia dei versi "I'm a puzzle, I must figure out/ where all my pieces fit": dopo una serie interminabile di interventi estetici, in occasione di un concerto la cantante ha dichiarato che "dietro le quinte ho incontrato un paio di drag queen che mi assomigliano più di quanto mai potrò assomigliarmi io stessa". Insomma, il messaggio è il seguente: donne transessuali, drag queen o Dolly Parton, la ricerca (o la costruzione) della propria identità è spesso un processo travagliato - ma la fede in un lieto fine non deve mai scomparire, perché "if we want to, we can fly".


"Travelin' Thru" fu quasi subito eliminata dalla scaletta dei concerti della Parton, che fu persino minacciata di morte da anonimi ex-fan per aver osato prestare la sua voce alla causa transessuale. È rimasta comunque negli annali la sua esibizione agli Oscar 2005: nominata per "Miglior Canzone Originale", fu derubata del premio da un motivetto hip hop.

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