Sea of Tranquillity

7 giugno 2013

Le prime due sensazioni che ho provato a caldo, appena chiuso il libro, sono state quella d’un’insolita ricchezza linguistica e quella d’una tristezza modulata sottovoce ma pervasiva. A differenza di gran parte degli scrittori di oggi - soprattutto di quelli, e sono legione, che aspirano a piacere lippis et tonsoribus, ed hanno il coraggio stilistico d’un Don Abbondio – quest’autore americano predilige l’eloquenza immaginosa e il lessico molto variegato e dovizioso; ma è anche una scrittura costruita con una sensibilità finemente musicale, capace di stillare una continua, lieve caligine di rinuncia, stanchezza, nostalgia, rimpianto: c’è in Russell una tensione irrisolta e lacerante verso mondi lontani, a volte intravisti come temibili, ma più spesso agognati come porto di pace, lontano da una società nemica, iniqua ed escludente capace solo di alimentare violenza. L’architettura di questo romanzo polifonico è assai ambiziosa: ma se alcuni miti e luoghi comuni caratteristici della cultura popolare americana (i voli sulla luna, i virus extraterrestri, il fondamentalismo biblico) suonano meno forti e coinvolgenti ad un lettore europeo, sicuramente il disegno generale, che intreccia quattro storie personali, tre narrate in prima ed una in terza persona, con frammenti della storia politica e civile americana, soprattutto della nascita del movimento gay e della tragedia dell’AIDS, resta trascinante, e convince proprio grazie alla scelta d’un linguaggio cangiante, florido e a tratti visionario. Mi sono commosso leggendo la severa commemorazione funebre di Jonathan mentre risuona la voce di Elisabeth Schwarzkopf che canta Beim Schlafengehen; mi è venuta in mente un’altra voce dei suoi tempi, quella di Lisa Dalla Casa, che canta un altro dei Vier letzte Lieder straussiani, Im Abendrot, in una delle esecuzioni a me più care, il cui testo, una poesia di Joseph Freiherr von Eichendorff, si attaglia ancor più all’aura di queste pagine:
O weiter, stille Friede!
So tief im Abendrot,
Wie sind wir wandermüde –
Ist dies etwa der Tod?
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