Avevo già letto questo capolavoro del romanzo greco quand'ero studente: e la seconda volta m'è piaciuto ancor più che la prima. Quanto ad Achille Tazio, secondo me si tratta d'uno scrittore grandissimo. Come fu di moda parlare di "categoria eterna dello spirito" a proposito del romanticismo e del classicismo ed anche del barocco, qualcuno potrà ridare lustro all'idea riferendola magari al postmoderno: vi potrebbe così far rientrare anche il Leucippe e Clitofonte. Massimo Fusillo, nella sua monografia sul romanzo greco, mette bene in evidenza come l'ironia e il gusto per la digressione fine a sé stessa e per la curiosità enciclopedica siano cifre costanti di Achille Tazio; vale la pena però anche mettere in evidenza come, allo stesso tempo, la sua scrittura non sia mai parodistica: c'è un abisso tra lui e, per fare un esempio canonico, Luciano, perché Achille Tazio sostanzialmente rispetta sempre le convenzioni del genere letterario al quale si attiene, il romanzo greco, inanellando la canonica sequenza di naufragi, assalti di predoni, fughe, battaglie, morti apparenti, schiavitù, processi, seduzioni da parte di nemici della coppia di eroi, agnizioni, salvazioni in extremis. Pure, c'è sempre in quest'opera qualcosa di esagerato, di volutamente spinto all'eccesso, che induce a pensare ad un certo distacco sorridente dell'autore dalla sua materia. Stilisticamente, i monologhi dei personaggi, ma anche certe descrizioni, presentano un giuoco retorico tanto scoperto, incentrato soprattutto sull'antitesi, che l'autore sembra più compiaciuto del suo virtuosismo compositivo che interessato a ciò che dicono i personaggi; ed anche costoro a volte sono guardati con una certa ironia: Clitofonte, per esempio, è a parole l'eroe maschile della vicenda, ma di fatto appare continuamente un inetto incapace di tirarsi fuori dai pasticci senza l'aiuto altrui. In fondo, anche l'amore romantico tra uomo e donna, che forma il nucleo motore di questo e di tutti i romanzi greci giunti fino a noi, è oggetto d'ironia sottile, perché i veri uomini della vicenda sono proprio proprio Clinia, il cugino di Clitofonte, e l'egiziano Menelao, intransigenti sostenitori dell'amore per i ragazzi (e a loro volta protagonisti di due storie quasi incredibili nella loro speculare tragicità), al punto che perfino nella classica disputa su quale dei due amori sia superiore (topos retorico reso celebre da Plutarco e Luciano) appare a tutti gli effetti vincitore proprio Menelao su Clitofonte. Anche la figura di Melite, che credendosi vedova seduce Clitofonte, a sua volta convinto che Leucippe sia stata uccisa dai pirati, è un gustoso ritratto di donna pazza d'amore; e, nonostante l'insistenza sulla verginità dei protagonisti, a lei per una volta Clitofonte si concede pur già sapendo che Leucippe è viva, con la curiosa riserva mentale che ormai non si tratta più di tradimento, ma di curare una persona sofferente. D'altronde la stessa Melite giura di non aver tradito il marito Tersandro prima del suo ritorno ad Efeso, ed esce infatti indenne dalla prova divina della sua innocenza, dato che l'hsa tradito dopo il suo ritorno. E il cattivissimo Tersandro, prepotente fino alla demenza, eterno ritratto dell'uomo di potere che nasconde i suoi intrighi e le sue miserie sotto il velo della rispettabilità e della moralità, durante il processo si presenta con arringhe così assurde nella loro amplificazione oratoria, che sono tentato a vedervi non solo un esercizio elegante, soffuso d'ironia, di quella retorica dello stravagante che avrà il trionfo negli elogi delle zanzare, della polvere e della calvizie, ma addirittura un velato accenno di critica sociale: per questo motivo, al contrario di Fusillo, non ritengo tanto fuori bersaglio la risposta del sacerdote di Artemide che, da buon estimatore di Aristofane, risponde con un discorso ad hominem capace di smascherare la votaggine di quest'uomo tronfio e meschino; ché niente nuoce al potere ingiusto quanto le risate. E poi, c'è poco da dire: la parte ingenua e svagata che c'è in noi si compiace dei libri di avventure e sentimenti; se poi sono anche scritti col greco stilisticamente scaltrito ma scorrevole di Achille Tazio, la lettura diventa un piacere doppio.