recensione diMauro Giori
Segreti della televisione
Il coming out tipo della televisione degli anni Ottanta, con litri di lacrime, drammi che si protraggono per tutto il tempo narrativo a disposizione, psichiatri, dubbi, tentennamenti, diagnosi e terapie. E poi ancora lacrime. Insomma melodramma in grande stile, ma lo sforzo, fatto all’inizio della crisi dell’Aids (cui si fa cenno solo una volta e di sfuggita), va contestualizzato e di conseguenza apprezzato per quello che è: sincero, didattico, positivo e a lieto fine, anche rispetto a un padre ultraconservatore. Ed era già una grande infrazione alla media dei prodotti dell’epoca il fatto che il giovane gay sopravvivesse tutto sommato indenne alla famiglia, alla società, allo psichiatra e al compagno di stanza che non lo accetta, ritrovandosi accasato con un bel biondone che lo abbraccia (nulla più di quello, ma era già molto) invece che steso sul tavolo di un obitorio. A morire è invece proprio il padre, ma non prima di aver abbozzato una lettera che rappresenta il suo sforzo di cercare un compromesso. Non era certo consueto nemmeno sentire in televisione un figlio spiegare alla madre cosa prova per i ragazzi e che l’omosessualità non è solo una questione di sesso, ma anche di amore, sentimenti, realizzazione personale. Insomma le basi, ma all’epoca erano tabù al punto che Segreto di famiglia, tratto da un romanzo pubblicato nel 1975, circolava da dieci anni senza trovare una collocazione, e la stessa ABC l’aveva già rifiutato più volte, nonostante tutte le sue scelte accomodanti, ad esempio il fatto che Jeff sia un figlio modello che rasenta la perfezione, inserito in una famiglia quintessenzialmente WASP.
Detto questo, la televisione degli anni Ottanta non era quella di oggi e in genere questi prodotti venivano affidati alle cure di tecnici e attori di seconda classe. Segreto di famiglia non fa eccezione. Martin Sheen fa il suo mestiere, come Marlo Thomas, che convince solo a tratti ma ha anche una parte molto più impegnativa, dal momento che il film è in buona sostanza proprio la storia di una madre sconvolta dall’omosessualità del figlio, che fatica ad accettare molto più di quanto non cerchi di far credere inizialmente. Dove Segreto di famiglia decisamente cede è nel biondo Barry Tubb, che nei panni del giovane Jeff è di una debolezza sconfortante, soprattutto nei momenti in cui il dramma si accende: ogni volta che deve confrontarsi con i genitori recita le battute come se le stesse leggendo per la prima volta. Se solo fosse riuscito a dare l’impressione di capire cosa significano…