Benidorm

14 agosto 2013

Benidorm è una premiata sitcom all’inglese, cioè politicamente scorretta, sarcastica, talvolta plebea come i suoi personaggi e piena di umorismo nero che non risparmia nessuna categoria umana. Ambientata in una delle località più “in” della Spagna vacanziera, che dà il nome alla serie, Benidorm è il perfetto antidoto a Baywatch: anziché fanciulli pettoruti e fanciulle poppute, che affollano la serie americana quanto i siti che pubblicizzano la Rimini iberica fatta di orrendi grattacieli in riva al mare, gli autori hanno radunato insieme due anziani scambisti con un figlio che ha cambiato sesso (del quale si parla nella prima puntata); una proletaria con una quindicenne incinta e una bisbetica nonna invalida; una patetica giovane coppia in crisi; un single quarantenne e infantile in vacanza con l’anziana madre; e una coppia gay, formata da Troy e Gavin. Quest’ultimo, come la quasi totalità dei personaggi e delle comparse, è sovrappeso, tanto che la piscina intorno alla quale questa umanità si ritrova quotidianamente sembra un’isola di leoni marini spiaggiati anziché la laguna blu dei depliant turistici. Infine, c’è un piacente barman che si infila con disinvoltura tra moglie e marito in crisi, nonché fra Troy e Gavin.

In più, la vita notturna di questa capitale del divertimento offre imperdibili intrattenimenti quali un ben tristo karaoke, un imitatore (sovrappeso anche lui) di Al Jolson e una serata-quiz che fa a gara, quanto a mestizia, con le tombole che negli ospizi si infliggono agli anziani per esser certi che quando sarà il momento non abbiano ripensamenti e seguano la luce in fondo al tunnel. Quasi dimenticavo una sexy-maga che i conigli li fa uscire da… beh, non proprio dal cilindro, con comprensibile disgusto del povero Gavin.

Che Troy e Gavin siano una coppia stereotipata (quando il primo chiede la mano al secondo per una civil partnership, la risposta che ottiene è: «I’ve got nothing to wear!») è implicito nell’impostazione della serie e non disturba, anche perché l’umanità che li circonda è fatta apposta per offrire bersagli a commenti acidi. Inoltre, tutti sparlano di tutti, giacché nessuno esce dal resort all inclusive entro le cui mura si svolge la serie (perché al di fuori tutto è a pagamento), sicché paradossalmente i vacanzieri si ritrovano in una sorta di piccolo paese dove tutti si fanno gli affari degli altri.

La comicità può non essere per tutti i gusti, ma chiunque abbia nel suo album dei ricordi qualche pagina strappata di vacanze inenarrabili, trascorse in luoghi da dimenticare con le persone sbagliate, troverà di che sfogarsi di fronte agli orrori riservati ai suoi clienti dal resort della serie.

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