Livin' la vida loca

28 agosto 2013

La prematura cancellazione di Ugly Betty e la (pur tardiva) conclusione di Desperate Housewives hanno avuto conseguenze catastrofiche: migliaia di spettatori omosessuali sono rimasti orfani della loro dose settimanale di melodramma, Marc Cherry e lo sceneggiatore Brian Tanen si sono ritrovati senza un lavoro, la ABC ha perso le sue uniche due serie ispirate a soap latino-americane. Il cielo è tornato a splendere con “Devious Maids”, nonostante vicissitudini produttive piuttosto travagliate: l’episodio pilota, che la ABC stessa aveva commissionato a Cherry subito dopo la fine di “Desperate Housewives”, è stato clamorosamente scartato dal palinsesto del canale per la stagione 2012/2013. La serie è stata acquistata da Lifetime, network decisamente minore. Meglio così, in fondo: Cherry si è più volte lamentato dell’eccesso di interferenza da parte dei vertici di ABC.

La serie è liberamente tratta dalla soap messicana “Ellas son… la Alegría del Hogar” e racconta delle vicende di un gruppo di domestiche latino-americane a Los Angeles. I tratti dei quattro ruoli principali sono ricalcati senza pudore sulle altrettante casalinghe disperate: Rosie è l’ingenuotta maldestra in stile Susan Mayer, Carmen è la fatalona irascibile à la Gabrielle Solis, Zoila è la liberal-stachanovista che ricorda Lynette Scavo, Marisol è la madre industriosa modellata su Bree Van De Kamp.

Oltre che della scrittura di Cherry e Tanen, “Devious Maids” si avvale della presenza di metà del cast secondario di “Desperate Housewives” (e di Eva Longoria nella veste di produttrice esecutiva), della sempre chiassosa recitazione di Ana Ortiz (già sorella maggiore di Ugly Betty) nonché della verve di Susan Lucci (la fu regina di “All My Children”, qui purtroppo confinata all’interpretazione di un personaggio meno sopra le righe di quello che fa in “Hot in Cleveland”).

Oltre alle numerose situazioni e battute chiaramente indirizzate a un pubblico gay, disseminate qua e là per tutta la stagione (con la notevole comparsa di una nonnina lesbica ricoverata in un ospedale psichiatrico), c’è un non proprio inatteso colpo di scena nel decimo episodio. Alejandro Rubio, star della musica anglo-spagnola e datore di lavoro di Carmen, si mostra glaciale e indifferente nei confronti del resto del genere umano per tutto l’arco della puntata: non reagisce quando la sua più fidata dipendente rivela di avere il cancro, non ringrazia quando Carmen gli cucina una cena perfetta, non sembra interessarsi a nessun altro che a sé stesso. Aspramente redarguito da Carmen, Alejandro si ravvede e – non prima di aver declamato la tradizionale manfrina secondo cui essere superstar piene di soldi conduce inevitabilmente all’emarginazione – sceglie di rendere noti alla domestica i suoi segreti più scottanti: ha una peluria foltissima sulla schiena ed è fidanzato da anni con un uomo, nonostante il pubblico di ragazzine lo creda un adone sciupafemmine. Niente che Ricky Martin o Tiziano Ferro non ci abbiano già fatto sperimentare, insomma.

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