Almost... a movie

30 agosto 2013

Che persino questa fantasia puerile di un mondo alla rovescia riesca in un paio di punti a cogliere quasi nel segno e a non lasciare completamente indifferenti è solo una conseguenza (significativa, a sua modo) dello sfinimento che può produrre, anche nel più volenteroso libero pensatore, l’ossessione ansiosa che la nostra società mostra per concetti come quelli di norma e diversità. Perché di suo, il film non ha davvero alcun merito: sarebbe stato brutto, vent’anni prima, come prodotto per la televisione, figuriamoci nel 2005 come pellicola da sala (o anche solo da festival). Gli interpreti rubati ad altri mestieri riescono a dilapidare ogni singola battuta, anche quelle che ben recitate sarebbero state forse gradevoli, demolendo con una sistematicità ammirevole una sceneggiatura incapace persino di motivare la sua svolta centrale: perché il protagonista, gay dichiarato e gay anche nel mondo alla rovescia, improvvisamente deve diventare etero? Solo per amore di simmetria (che però non è tale) rispetto alla sua vita reale? Solo per assecondare la necessità di fargli sperimentare anche nell’altro mondo la diversità? Anche se fino a un secondo prima era innamoratissimo del maschio che siamo istruiti a ritenere il più bello e ambito della scuola?

Naturalmente alla fine il professore quarantenne, ripresosi da quello che ovviamente era solo un sogno post-traumatico, incontrerà la sua metà ideale: non un giovane allievo, come sperava, ma colui che fu il maschio alfa al liceo dei suoi tempi, lo stesso che lo aveva chiesto in sposo durante le sue allucinazioni. C’è una sfumatura di prudente moralismo in questo accoppiamento di pari età che sigla la reiterata sconfessione, lungo tutto il film, del canonico modello socratico, ma nulla che per gravità possa gareggiare con la banalità di un esito evidente sin da quando il professore sfogliava l’album del liceo: in altre parole, a 12’ 29’’ dall’inizio il film era già finito.

Per quanto mio collega e coetaneo, non credo di aver mai sentito più lontano da me un personaggio cinematografico: potrei immedesimarmi di più e meglio persino nella Strega dell’Ovest o in Rin Tin Tin. Sarà forse che questa abborracciata filastrocca è a sua volta quanto di più lontano posso immaginare dalla mia idea di cosa dovrebbe essere un film, sia pure al suo grado minimo. E cioè, se è una commedia, che almeno faccia sorridere.

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autoretitologenereanno
Gerd BrantenbergFiglie di Egalia, Leromanzo1992

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