recensione diGiulio Verdi
Chocolate and vanilla swirl, swirl
Non c'è niente che non funzioni in "Orange Is the New Black": il cast è perfetto, a cominciare da Kate Mulgrew che simula un accento slavo e organizza la resistenza delle detenute contro le angherie degli uomini che gestiscono l'istituto (oltre a rendere omaggio al suo ruolo in "Star Trek" con una battuta). Taylor Schilling, poco più che esordiente, si rivela all'altezza del ruolo della protagonista. Chi ha visto "Weeds" riconoscerà Michael J. Harney nel ruolo di Sam Healy, il dirigente affabile che si rivela un omofobo frustrato e violento, oltre che Pablo Schreiber nel ruolo della detestabile guardia baffuta George "Pornstache" Mendez. Si rivede anche Jason Biggs, quello di "American Pie", e per fortuna compare in un numero limitato di scene: interpreta il promesso sposo di Piper, imbolsito e mammone.
La prigione è uno di quegli ambienti in cui l'immaginario collettivo (omosessuale e non) colloca un gran numero di lesbiche butch e ambienta fantasie omoerotiche con bruti tatuati: Kohan è abilissima nel gestire la questione con ironia, ma senza cadere nel becero. "Orange Is the New Black" offre un campionario esaustivo dell'universo lesbico: Piper è la femme schiva e noli-me-tangere, Alex (la ex fidanzata di Piper) è la butch aggraziata e con la voce grossa, "Big Boo" Carrie è la camionara tutta muscoli, "Crazy Eyes" Suzanne è la poetessa squilibrata in cerca di moglie, Nicky è autodistruttiva e assetata di sesso, Tricia vive invece d'aria e amore, Poussey (da pronunciare come la città francese e non come "vagina") è la dolce velata indecisa, Lorna è velata e indecisa ma è decisamente meno dolce. C'è spazio anche per Sophia, donna transessuale (MtF) e lesbica, sposata con sua moglie già dai tempi in cui era uomo: è una boccata d'aria fresca vederla interpretata da Laverne Cox, attrice realmente transessuale. Lesbica (anche se non lo vuole granché dire pubblicamente) è anche Jodie Foster, che dirige il terzo episodio ("Lesbian Request Denied").
L'umorismo nero degli sceneggiatori trova il terreno ideale per fiorire nel personaggio di Pennsatucky, tossicodipendente incarcerata per aver fucilato un'infermiera che aveva osato commentare sarcasticamente dopo averle praticato il suo sesto raschiamento in una clinica abortiva. Pennsatucky è diventata profetessa di Cristo ed eroina (pun intended) del movimento pro-life, che ignora il passato della donna e crede che il movente dell'omicidio sia stato religioso. Pennsatucky conduce una tremenda crociata contro tutte le altre carcerate, con particolare crudeltà nei confronti delle ragazze lesbiche. Lei, Healy e Piper sono le protagoniste dello sbalorditivo cliffhanger del finale della prima stagione.
Da segnalare anche che le numerose scene esplicite di sesso sono, una volta tanto, chiaramente indirizzate a un pubblico femminile e lesbico – e non a uomini eterosessuali in cerca di esotici titillamenti – nonché talvolta interpretate da attrici che lesbiche lo sono davvero.