recensione di Mauro Giori
Ma Karzan lo fa...
Dal momento che Tarzan, il personaggio inventato da Edgar Rice Burroughs, si è sempre prestato a stimolare l’immaginario erotico, soprattutto al cinema, farne una parodia pornografica era davvero facile.
Come da pedigree del modello, Karzan è dunque un procace giovanotto bianco, rimasto solo nella giungla (quando era ancora in fasce) in seguito a un incidente aereo e ivi cresciuto dalla fauna locale. Oltre a essere nerboruto oltre misura, è anche ben equipaggiato per le sue attività copulatorie. Inoltre, non essendo stato vittima di quella che Bourdieu chiamava “riproduzione culturale”, e cioè non essendo andato a scuola e non avendo avuto contatti di sorta con la cultura borghese, il biondo selvaggio è cresciuto beatamente perverso polimorfo e per lui tutto si equivale quando si tratta di «sprillare» (è con questa onomatopea seicentesca che Karzan fa riferimento alla sua attività sessuale). «Vola di liana in liana, di femmina in femmina, di maschio in maschio! Karzan, nella giungla dei tagliatori di palle e dei terribili Kul Kul, difende Jane ma soprattutto il suo leggendario mazzo!»: così lo slogan presentava il fumetto esplicitandone l’“apertura” e cercando di cattivarsi anche il pubblico omosessuale.
Del resto, Karzan è stato svezzato sessualmente da una gorilla prostituta ma gli piace altrettanto farsi sodomizzare da Vuh, uno scimmione di sua conoscenza, e quando è solo non sempre tratta le banane come semplice materiale edibile.
In molte delle sue 39 avventure, insomma, il novello Tarzan si concede a chiunque passi per la sua giungla, e si tratta di un giungla alquanto trafficata, sicché si trova circondato tanto spesso da fanciulle formose quanto da giovani esploratori gay o persino da intere tribù omosessuali, come nel caso di quella che custodisce una sorgente miracolosa nell'undicesimo episodio, La fonte della giovinezza (del resto c’era già il precedente delle strisce del Jack di Tom of Finland). «Nella foresta vergine, di vergine non c’è più niente quando passa lui!», recitava un altro slogan del fumetto.
Qualcosa inizia a mutare quando Karzan incontra Jane, una milionaria londinese alla ricerca di ulteriori fortune. La loro vicenda d'amore conosce fasi altalenanti, soprattutto perché la fanciulla, oltreché insaziabile e propensa all'infedeltà, è molto avida. Quando verrà a sapere che Karzan nasconde un tesoro, decide di appropriarsene. Oltreché sessualmente, Karzan è ingenuo anche sentimentalmente e quindi casca subito nella trappola finendo legato a un palo in balia di una pantera. A salvarlo, nel sedicesimo episodio (La gaya giungla), è un cacciatore alquanto virile, Spiro. Riconoscente, Karzan gli offre tutto quello che vuole: Spiro gli chiede un bacio. Karzan si stupisce un poco (essendo ormai stato iniziato all’eterosessualità), ma il tradimento di Jane lo convince che Spiro sia più affidabile e se lo porta a casa. I due, recuperato il tesoro e punita Jane in un modo che a dir qual era è cosa dura, prendono così a convivere more uxorio. Meditando vendetta e volendo riconquistare Karzan (e il suo tesoro), Jane uccide Spiro e, una volta scaduto il tempus lugendi, torna da Karzan convinta di averlo ai suoi piedi. Invece lo trova già accasato con un altro uomo, l’indigeno Sugaminkiu, della tribù dei Gay. Dopo qualche allusione offensiva a fior di labbra, getta la spugna e torna a Londra, ma viene presto richiamata nella giungla da un’allarmante lettera di Sugaminkiu: l’eroe è incinto… Nell’episodio successivo partorirà un uovo gigante che romperà in testa a Sugamikiu: sarà la fine del loro amore. Al rischio di gravidanze indesiderate Karzan preferirà l’infedele e avida Jane, che tra l'altro è sua sorella (ma l'agnizione aveva interrotto solo temporaneamente la loro relazione, presto ripresa con invariata... passione).
La volgarità dell’eloquio di Karzan è scontata (del resto, come si è detto, le scuole non le ha fatte), il fumetto ha un’inclinazione scatologica che supera i limiti del consueto umorismo di dubbio gusto del porno e il razzismo di sentore colonialista è un dato scontato in partenza, ma il disegno nella media, la divertita giocosità degli intrecci e la polimorfia che di solito aggira i toni più grevi consegnano al lettore un prodotto più vivace, spavaldo e lieve del consueto.
Karzan rappresenta quindi, al momento della sua uscita, la punta più “avanzata” di quel gioco ambiguo tra liberazione e moralismo, tra disinvoltura (di pratiche e orientamenti) e irreggimentazione eterosessuale e falloide, che spesso percorre questi fumetti nel tentativo di offrire qualcosa ad ogni lettore potenziale mettendosi al contempo al riparo dalle critiche più ovvie.
Almeno fino a quando gli autori rinnegano la libera sessualità del loro eroe, forse per cercare di risollevare le sorti del fumetto, che a giudicare dal contenuto numero di albi pubblicati deve avere perso per strada molti dei suoi lettori. Ad esempio, nella trentesima avventura (Gli uomini talpa), a pochi episodi dalla chiusura, Karzan incontra l’ennesimo omosessuale in transito nella giungla, cui promette di pagare in natura un passaggio, ma giunto a destinazione lo tramortisce e il narratore osserva: «Karzan non ha mantenuto la promessa, ma spero sarete tutti d’accordo che non è mai stato finocchio!». Eppure solo cinque puntate prima (La setta dei sette) non gli era costato nulla pagare ugualmente in natura un viaggio in treno non avendo il biglietto ed essendo il controllore omosessuale.
Ma tutto sommato, al di là delle dichiarazioni un po' ansiose e gratuite affidate al narratore, forzando in questo modo la parabola del loro eroe gli autori finiscono col sostenere che l'eterosessualità è un fatto di condizionamenti culturali e di repressione dei normali istinti sessuali. E se questo era in fondo ormai freudismo da rotocalco, le sue conseguenze erano comunque state spinte oltre i limiti raggiunti in precedenza dal genere e non bastano i tardivi ripensamenti a cancellarne le conseguenze (oltretutto in modo pretestuoso, poiché la squadra di autori al servizio di Barbieri tornerà ben presto e in modo ancora più audace su questi aspetti con la serie Sukia).
Comunque anche in precedenza, temendo di esagerare e puntando pur sempre anzitutto sul pubblico eterosessuale, di tanto in tanto si lanciano rassicuranti strizzate d’occhio al lettore modello assecondandone un sapere fatto di luoghi comuni. Già nel terzo episodio (Erezione) Karzan non gradisce di essere violentato e l'ironia sull'aggressore si spreca, mentre nel settimo (A caccia di bigoli), quando Jane finisce prigioniera di due cannibali è sicura di essere violentata, ma viene tranquillizzata: «Noi siamo finocchi, uno attivo e uno passivo… regolarmente uniti e felici!». I due non vogliono dunque violentarla, ma solo mangiarla. Quando arriva Karzan, «il boy finocchio passivo» (precisa una nota, espediente con cui gli autori si concedono battute e interpellazioni al lettore) se ne invaghisce, viene accusato dall’altro di essere… quello che è, e i due si fanno saltare la testa a vicenda. Una ritratto di coppia non proprio indimenticabile e costruito su luoghi comuni (i gay con i loro ruoli che, anche nel momento in cui rivendicano con orgoglio la loro felicità, scimmiottano la coppia eterosessuale, e sono in più gelosi, isterici e sufficientemente stupidi da farsi fuori reciprocamente). Ma questo fumetto comico si basa altrettanto su luoghi comuni relativi alla sessualità femminile e maschile eterosessuale, nonché sui loro legami di coppia (quello – peraltro incestuoso – fra Karzan e Jane è assai poco ideale o tradizionale). Karzan, in particolare, è un macho di rara dabbenaggine e costantemente alla mercé della femmina manipolatrice, scaltra e calcolatrice.
E gelosa. Quando, più oltre nella stessa avventura, Jane porta Karzan da un sarto (perché lo vuole condurre con sé a Londra), ovviamente omosessuale e che non resiste a fare “sprillare” il maschio eroe (che lo lascia fare), Jane si rassegna all’inevitabilità del fatto («Ecco, lo sapevo che finiva così!») ma poi istruisce il fratello-amante ancora troppo ingenuo per i suoi gusti possessivi: «Non devi farti manipolare da chiunque… se no a Londra non riuscirai a muovere un passo senza farti sprillare!». Come aveva cercato di spiegargli prima, la città è infatti «piena di finocchi e puttane» (ritratto quanto mai sintetico della swinging London secondo i luoghi comuni circolanti nel Belpaese).
Indipendentemente dalla sua prematura chiusura, l’editore ha sfruttato ripetutamente il fumetto negli anni successivi, riproponendolo più volte con la sola modifica del nome. Nel 1981 8 episodi sono così riapparsi tutti insieme nel n. 5 della serie Nobel del fumetto, sotto il titolo Tanzar; due anni dopo 6 numeri sono stati ripubblicati con il titolo Scimmy in un formato ridotto; infine nel 1993, nella Serie risatissime, Karzan ricompare occasionalmente come Macho Mandrillo.