recensione diMassimo Basili
Haarmann
Dopo essersi occupati ciascuno per conto proprio di altri episodi della storia del loro paese, lo scrittore e l'illustratrice tedeschi Peer Meter e Isabel Kreitz si sono riuniti per realizzare questo romanzo a fumetti, ricostruzione di un clamoroso quanto raccapricciante caso di cronaca nera che sconvolse la Germania da poco uscita dal primo conflitto mondiale. La cornice della vicenda non è accidentale: all'epoca il paese era paralizzato dalla litigiosità dei partiti politici, l'economia era devastata dai debiti di guerra e dall'inflazione, mentre la società civile pativa disoccupazione e cronica scarsità dei beni di prima necessità. È proprio dal sottobosco degli emarginati della città di Hannover che emerge l'inquietante figura di Fritz Haarmann, ufficialmente commerciante al mercato nero di carne e abiti usati, ufficiosamente informatore della polizia incaricato di tenere d'occhio gli sbandati e i derelitti che affollavano la stazione ferroviaria. C'era un solo tipo di vagabondo, però, che interessava Haarmann: i giovani maschi poco più che adolescenti, tra i tanti che scappavano di casa, cercavano lavoro o solo un pasto caldo e un tetto per la notte. Col suo aspetto bonariamente ordinario e i suoi modi affabili l'uomo li avvicinava, ne conquistava la fiducia e li conduceva nella sua stanza che aveva in affitto in un quartiere popolare della città, dove li violentava e li uccideva mordendoli alla gola; nottetempo si sbarazzava dei corpi macellandoli e gettando i resti nel fiume, mentre alla gente del quartiere rivendeva poi i vestiti dei ragazzi morti (la leggenda vuole che anche la carne spacciata da Haarmann fosse quella dei giovani uccisi, ma la circostanza macabra non fu mai avvalorata da prove decisive). Con questo sistema l'assassino ha fatto sparire decine di ragazzi tra il 1918 e il 1924, ma è solo dopo il ritrovamento di alcune ossa nel fiume Leine, e in seguito ad un arresto fortuito per questioni futili, che Haarmann viene assicurato alla giustizia. Segue un processo lampo dove l'uomo confessa 24 omicidi ed è con altrettante condanne a morte che viene decapitato il 15 aprile 1925.
Il fumetto affronta il caso senza un criterio cronologico: gli autori mostrano l'omicida, soprannominato dalla stampa d'epoca “Lupo Mannaro”, mentre tesse la tela attorno ad alcune sue vittime, e poi il crescendo dei sospetti da parte dei vicini e di qualche zelante poliziotto, sistematicamente ignorati ai vertici del commissariato, ottuso e corrotto come buona parte della polizia tedesca della Repubblica di Weimar.
Poco spazio viene invece dedicato alla figura di Hans Grans, prostituto e amante di Haarmann, suo complice nel traffico di ragazzi e di vestiti, ma non nei loro omicidi, visto che verrà scagionato dalle accuse dello stesso assassino e sconterà “solo” 12 anni di carcere.
Il disegno a matita di Kreitz, minuzioso e iperrealista, e l'impaginazione classica a tre strisce per tavola restituiscono con maniacale esattezza i luoghi e l'atmosfera nei quali si muoveva il “Lupo Mannaro” di Hannover; allo stesso tempo, però, contribuiscono a raffreddare ulteriormente un testo votato già nelle intenzioni più all'onesto resoconto oggettivo degli avvenimenti che al turbamento del lettore. In questo modo l'originalità e l'inventiva ne risentono, finendo per lasciare un labile ricordo una volta riposto il fumetto nello scaffale.